Un uomo che sembra una salsiccia sta in piedi giù dal marciapiede, la punta delle scarpe sulla prima striscia pedonale di un incrocio in centro. Una via trafficata, senza vigili urbani, dove pedoni, auto e moto si organizzano tra loro per sopravvivere. Comincia via Battisti, lì dove dico, e ci passa l'anello di piazza Tacito, e nei paraggi c'è una filiale della BNL, nella città che non è la mia eppure in questi anni lo è diventata. Non so e non voglio dare altre spiegazioni: il vantaggio dello scrittore è questo. Non ha senso specificare, scolpire i dettagli, perché in tal caso farei un altro mestiere: il cronista, il cartografo, che guardano tutto con minuzia e tutto appuntano. Per cui fate uno sforzo di fantasia, tanto non circoscrivo. Perché mai quell'uomo sembri una salsiccia lo dovete immaginare voi. Ha la testa e i piedi piccoli e il ventre enfio, dirò, se mi gira. Ma giusto per mettervi sulla buona strada. Il resto - se i vigili urbani stanno in centrale a flirtare con le colleghe o in tabaccheria a giocare al videopoker; che diamine di città è, arrampicata o piatta; perché non è la mia e lo è però diventata - sono cavoli di chi legge. Il gusto della vaghezza sta tutto sulla punta dell'anulare sinistro, con cui batto le lettere maiuscole, e su quella dell'indice destro: le minuscole e la barra spaziatrice sono roba loro. Il resto è speculazione. Lo regalo - a pagamento, s'intende - agli allievi del mio lab di scrittura - il primo nato a Terni, diffidate delle imitazioni - questo piccolo consiglio. Vamos, scrivete come viene, senza didascalie, estetismi; e più di altro contate sulla capacità dei lettori di annerirle, le caselle bianche, e vedere che disegno ne esce. I tonti non leggono, comunque, e partite perciò avvantaggiati. Così è anni che mi va di scrivere qualcosa, un epitaffio, uno sbrodolìo di parolastre, sull'usanza magnifica di appendere al muro i nomi dei morti. Sembriamo tanto civili, delle volte, quando su fb commentiamo le esternazioni di Salvini. Sembriamo più avanti di lui nella catena evolutiva. Eppoi ci caschiamo: muore un parente e mettiamo i manifesti, letteralmente. Inconsolabili. Ma volevo parlare di atteggiamenti, mannaggia alla miseria, e lo spazio che mi autoconcedo è quasi finito. Vedete perché ho smesso di insegnare? Divagavo, che per uno scrittore è essenziale e per altri mestieri sconsigliato. Comunque volevo scrivere che viviamo meglio se cambiamo i ns atteggiamenti verso le piccole contrarietà. Per dire: sotto casa mia hanno piazzato i bidoni della differenziata mangiandosi due posti auto. Parcheggio venti metri più su, cammino venti secondi supplementari e sto da dio. Meglio di prima. Volevo scrivere questo. Atteggiamenti, è tutto un problema di come disporsi alle rotture di zebedei. Volevo scriverlo. Però l'ho già scritto, mi sa, e allora me la pianto qui.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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