Passa ai contenuti principali

Joy

Mi sa che certe volte siamo noi a complicare le cose; che in realtà sono semplici, più di quel che sembra, almeno. Parlo di scelte: non è che ce ne sono poi tante. Diciamo due? Quelle giuste e quelle sbagliate. È che siamo evoluti e crediamo nelle sfumature, ci piacerebbe poter stare sempre con un piede in Italia e uno in Svizzera e che in mezzo alle gambe ci passi la linea di confine. Per giunta certi di noi coltivano una detestabile predisposizione al compromesso, - per non scontentare nessuno, far andare un certo amore dritto mentre è morto e bisognerebbe trovarne un altro - la qual cosa intorbida la vita e ci intristisce. Io, - che amo le stagioni incespicanti che tornano sui loro passi come un cane alla catena e che m'avvince ogni incerta avventura perché è generosa di storie da scrivere - pure, quando non scrivo ho imparato a esser drastico. Così vivendo, ne ho apprezzato i vantaggi. Le epoche morte vanno seppellite, appiattita con un badile la terra sopra e buona fortuna. Poi quando scrivo è un altro paio di maniche, le riesumo perché so che non mi ostacolano a niente, anzi m'incoraggiano a tutto. È come quando gli amici del corso di scrittura mi dicono Era proprio quel che ci voleva, ho voluto regalarmi uno spazio solo mio e ho fatto bene. Hanno avuto il coraggio di una scelta, abbandonato ciò che magari gli conveniva per abbracciare - per due ore -  ciò che gli piace, e per questo non li ringrazierò mai abbastanza: fan sentire bene anche me. 
Se avessi preso da mia madre la paura come una benedizione -  lei ci ha provato, innocentemente, a vestirmici, da ragazzino - ora sarei un grasso precinquantenne  con un bel lavoro detestato, abbonamenti alla pay per view, un'amante secca, una macchina senza graffi, un armadio pieno di cravatte. Invece non ho niente di tutto questo e vivo a giorni alterni entusiasmi e crolli perché le montagne russe mi danno il brivido che mi diverte la vita. Avrei fatto una scelta, un certo tipo di scelta; si dà il caso che ne ho fatta un'altra. Come Joy, film imperfetto e necessario, se avete bisogno di capire quale strada prendere. Un piccolo suggerimento ve lo dà. Per conto mio già lo sapevo e già da un po' lo metto in pratica. Bandita la paura dal regno, ho scelto di fare, con una appetenza perfino bulimica, a volte. Così sono un ragazzo quarantanovenne in forma, con un bel lavoro adorato e incerto, senza abbonamenti di calcio, senza amanti -  né secche né grasse - una macchina urtata più volte e sverniciata parecchio e un armadio con una sola cravatta, del 1996.




 

Commenti

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia

Zoe

Il giorno della morte di Silvio Berlusconi mi arriva un messaggio sulla chat di Facebook: Ciao, hai visto che anche lui se n'è andato? e così mentre il cuore salta un paio di battiti mi ritrovo a Montalto di Castro, è il 1983, ho sedici anni. Eravamo partiti in due ma l'amico che venne con me faceva le sei del mattino in discoteca e poi dormiva tutto il giorno, cosicché me ne andavo a spasso per conto mio, in bici, per capire un po' meglio che bestia fosse la libertà. Per inciso confesso che dopo quarant'anni devo ancora scoprirlo: l'ho sentita pronunciare da così tante lingue biforcute, quella parola tronca, che mi si sono confuse le idee. Certi scrittori di cui ho venerazione giurano che esser liberi significa non sapere mai per certo cosa voglia dire: se così è allora sono libero, e tanti saluti. E a parte questo, quell'estate fu maestosa. Di primo pomeriggio guardavo Mister Fantasy - coi videoclip di Madonna e dei Frankie goes to Hollywood, e dev'essere