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Vita in tempo di guerra

Scrivo di quell'inezia che ho capito e di quell'universo che non afferro, scrivo per tenere un fiammifero acceso in una immane caverna: ne ho intuito l'ingresso, non ne vedo la fine. Scrivo d'amore conoscendolo alla lontana, cugino di terzo grado, ho raccontato di gente innamorata ed è stato come improvvisare all'esame di Glottologia. Mi capitò sul serio: mi fecero una domanda assurda e me la cavai con la parlantina, senza avere idea di cosa dicessi, senza ascoltarmi per non scoppiare a ridere. Forse per questo - perché ho più tempo per intuire qualche verità  - ho un debole per le storie potenzialmente infinite, come The walking dead, il serial ma anche il fumetto, racconto imperfetto che ti incolla ai suoi eccessi fino a farti scordare che ti sta romanzando i tuoi, e allora dici Non può succedere. Invece è già successo, proprio a te. Una metafora gli zombi, mica ci vuole una testa d'uovo a capirlo. Come il dio tatuatore, come Mirka, se mi passate la presunzione. Il guaio è che a forza di metafore non siamo più capaci di raccontare la realtà nuda, così com'è. Ma com'è, effettivamente? Io mica lo so, brancolo nel buio della caverna - pure se brancolare è un verbo che mi piace, sa di parto letterario, di fusione tra l'uomo e il gesto che la parola consacra. Non ho capito gran che della mia vita e ne ho più di metà alle spalle, meschino che sono; non ne ho compreso come avrei voluto i meccanismi, l'altalena di causa/effetto. E sono ancora preda di sentimenti inconfessabili, infantili: zombi voraci. Mi divorano lasciandomi vivo, attutendo la bellezza intorno, come un pianoforte con la sordina. Comunque un racconto etico, TWD, perché parla di non arrendersi. La violenza esasperata, i corpi divorati, raccontano la battaglia. Siamo nati per combattere, dice. Contro noi stessi, per prima cosa, contro le schizofrenie che ci abitano. Il racconto è potenzialmente - genialmente - infinito perché non c'è vittoria, mai. Si vive in tempo di guerra, sempre. Può darsi arrivi un'epoca nella mia vita - tra un po', se tra un po' vorrà dire ancora esistere - in cui questo unico senso - combattere - non mi apparterrà più. Per ora va bene così, perché intravedo talora, come lampi di caldo, piccole giornate di pace. Anche i morti viventi hanno pietà, a volte. O hanno fatto indigestione della mia carne e stanno là, sazi e addormentati.

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