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La ragazza sta partendo

La domenica mattina ha questa malinconia dentro di bicchieri non lavati che stanno in giro da un giorno e ti fanno impercettibilmente più giovane, ti respingono a ieri, che avevi da far ripetizione, portare la ragazza dalla nonna, caricare la macchina e partire per il viaggio breve della campagna. Ha un disbrigo di tante cose incollate l'una all'altra, il sabato, e quando le hai spicciate tutte restano i gusci vuoti, dentro i quali il tempo forma echi di nostalgia. Non potrebbe essere altrimenti: ogni scrittore ha bisogno di un posto che lo assecondi. Casa mia è così perché si presta a lasciarsi impressionare come pellicola dai pezzetti di vita di chi vi soggiorna e poi se ne va.
Come adesso che Mirka è a Torino, e la cosa un po' mi stranisce. Lei è nata qua dentro - via Americo Patrizi 6, Terni - e sapere che se ne va in giro per il mondo da sola fa specie e allo stesso tempo inorgoglisce. Le sue avventure stanno là, ad aspettare che qualcuno le scopra, nello stand della VerbaVolant. Ogni anno dico che ci vorrei andare anch'io e poi ci ripenso: Mirka non vuole, ama sentirsi indipendente, la sua strafottente fragilità ha la meglio sulla mia smania di accompagnarla. Anzi di seguirla. La ragazza sta partendo, anzi è già partita, ricomincia l'avventura ogni volta che un nuovo lettore apre pagina 7, dove c'è scritto Prologo e sotto Succede, la notte e in mezzo le scarpe disegnate da Alessandro Di Sorbo. Il nastro ricomincia a scorrere, la storia riparte - come intoccata -  ogni volta da capo e il lettore che magari proprio a Torino ha conosciuto Mirka incontra poi Ludovico, Raffaele, Veronica, Alfred, Etta, Sabrina e dio. E ci si affeziona. Cominciare a scrivere un romanzo è un atto di ottimismo. Ci vogliono sangue e tempo a finirlo, e credere che si avrà vita sufficiente per farlo. Invece qualcosa ci uccide, e la notte arriva lentamente, come squaglio di cioccolata che cola da un tegame; oppure d'improvviso, e non hai tempo di scegliere i giorni migliori e lasci a chi t'ama la prima memoria che capita, come comprare un regalo di compleanno a negozi in chiusura. Cosa ci ucciderà, fra le tante cose che ci dicono letali, non lo so: aspartame, carragenina, olio di palma. Le onde dei cellulari, forse. O lo zucchero raffinato, che a sentire i terroristi in rete è uno dei veleni più potenti che abbiamo. Magari tutte queste cose insieme. O davvero una sola, che a saperla prima uno la eviterebbe. Così si diventa immortali.
Però io un altro romanzo voglio scriverlo. Mi solletica l'idea della trilogia: una trilogia di due soli libri è un'idea da artista ma avrebbe un senso monco. Per cui son sospeso, come il caffé che pagano a Napoli per chi verrà dopo: ho pagato il prezzo della felicità, è tornata in mio possesso, ora che la vivo devo scriverne. Un critico letterario una volta mi disse che con le idee de La quarta persona un altro scrittore ci avrebbe riempito dieci romanzi. Vale più un complimento così che mille copie vendute in più. Fatico a trovare una storia all'altezza delle altre. Sono però sulla buona strada. La nuova avventura è in costruzione, s'addensa, barluminano i suoi bivi quando ci arrivo e la luce si accende da sola. Fioca, di tenebra, ma tenace. E allora scriviamo: questo blog, un altro libro scherzoso sul serio, altre pagine di vita, ragazza che adesso è tornata a meritarsi il suo nome. Scriviamo finché l'olio di palma non ci cancelli, pregando il destino che quel quattro per cento in più  di tumori a Terni - rispetto ad anni passati o alla media nazionale o a che cavolononmeneimporta - non ci riguardi. Ho già dato. Ma in un altro senso, più gaio, con le parole migliori che posso, continuerò a dare. Perché la bellezza negli occhi di chi ha letto Mirka, a Torino come altrove, è il premio più ambito che - onestamente, definitivamente - posso sperare.






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