Alcune persone mi hanno insegnato l'amore, altre l'odio. C'è comunque una figliolanza di pratiche consanguinee all'uno e all'altro sentimento: affetto, cura, o indifferenza, malauguri. In entrambi i casi l'insegnamento è stato involontario, perché l'educazione all'amore o all'odio non è pianificabile, piuttosto: spontanea. Ogni estate che ridivampa - complici la fine della scuola e la pausa in radio, che sono capodanni tra una fase della mia vita e la successiva - ci ragiono su e a volte mi maledico per aver perso troppo tempo a odiare e troppo poco ad amare. So anche che l'odio che ho provato per un manipolo di persone indecenti è nato dalla indignazione che ho provato per le offese a mia moglie, nel momento in cui lei, malata di mieloma, è stata derisa, minacciata, accusata di fingere il cancro. Ci sta che si odi se si ama tanto, seppur meno del necessario.
Poi tutto si è compiuto e certe sere in cui mi ubriaco di fotografie macchiate di sole fino a vomitare ricordi, colgo nel sorriso di lei a Budapest, in un bacio che mi diede sulla spiaggia di Grottammare, un presagio di fine anticipata che all'epoca non seppi decifrare. Magari me lo figuro io. Ma se avessi saputo - oh, che pretesa: sapere quel che non è ancora stato! - l'avrei corteggiata di più, fatta sentire meno sola quando mi diceva "Voglio stare con te", avrei usato più attenzioni e pronuciato non più parole d'amore, ma parole più d'amore.
Dio ha fatto l'uomo maldestro e bacato: si accorge dell'amore quando l'ha perso, come chi mette una moneta d'oro in una tasca sfondata. Ciononostante, io dell'amore e della fortuna che avevo ho sempre avuto una percezione netta. Dico solo che non è facile essere all'altezza di chi ti ama in modo disumano. Anche questa - a suo modo - è una piccola maledizione. Poi sono successe cose, ho frequentato - corteggiato - qualche altra ragazza, sì, perché la follia di amare si vorrebbe perpetuare oltre la morte. A mia discolpa posso dire che sono sempre stato sincero - affermando l'amore per mia moglie come l'amore formativo, essenziale, della mia vita. E a chi ammette questo dovete almeno riconoscere un'onestà di fondo.
Se ne va un anno difficile anche per altri versi: insonnia, suono di passi per la casa vuota, fame d'aria, senso di soffocamento, certe notti; un'operazione teoricamente banale dagli strascichi fisicamente dolorosissimi; l'idea di cambiar casa per voltare pagina poi divenuta ferma volontà di restare, perché per vincere non si può scappare; la tristezza delle persone care, che ti vedono perduto e s'immalinconiscono; le difficoltà del lavoro coi miei studenti, a cui spero di aver dato tutto quello che avevo da dare, seppur in capo a una fatica immane e all'anno scolastico più severo di tutti quelli che ho vissuto; l'anno zero della radio, sospesa tra rivoluzione e fallimento. C'è stata la tentazione di mollare. La scrittura è stata pratica benedetta, un salvafrancesco. Il mio romanzo che sanguina, le parole che trovo per raccontarlo. Gli amici a cui è piaciuto, che me lo han fatto sapere. E tutti quelli che non lo hanno fatto ma vorrebbero farlo: vi prego, son qui, mi fa bene scoprire che vi siete commossi e divertiti, tra tanto dolore.
Poi tutto si è compiuto e certe sere in cui mi ubriaco di fotografie macchiate di sole fino a vomitare ricordi, colgo nel sorriso di lei a Budapest, in un bacio che mi diede sulla spiaggia di Grottammare, un presagio di fine anticipata che all'epoca non seppi decifrare. Magari me lo figuro io. Ma se avessi saputo - oh, che pretesa: sapere quel che non è ancora stato! - l'avrei corteggiata di più, fatta sentire meno sola quando mi diceva "Voglio stare con te", avrei usato più attenzioni e pronuciato non più parole d'amore, ma parole più d'amore.
Dio ha fatto l'uomo maldestro e bacato: si accorge dell'amore quando l'ha perso, come chi mette una moneta d'oro in una tasca sfondata. Ciononostante, io dell'amore e della fortuna che avevo ho sempre avuto una percezione netta. Dico solo che non è facile essere all'altezza di chi ti ama in modo disumano. Anche questa - a suo modo - è una piccola maledizione. Poi sono successe cose, ho frequentato - corteggiato - qualche altra ragazza, sì, perché la follia di amare si vorrebbe perpetuare oltre la morte. A mia discolpa posso dire che sono sempre stato sincero - affermando l'amore per mia moglie come l'amore formativo, essenziale, della mia vita. E a chi ammette questo dovete almeno riconoscere un'onestà di fondo.
Se ne va un anno difficile anche per altri versi: insonnia, suono di passi per la casa vuota, fame d'aria, senso di soffocamento, certe notti; un'operazione teoricamente banale dagli strascichi fisicamente dolorosissimi; l'idea di cambiar casa per voltare pagina poi divenuta ferma volontà di restare, perché per vincere non si può scappare; la tristezza delle persone care, che ti vedono perduto e s'immalinconiscono; le difficoltà del lavoro coi miei studenti, a cui spero di aver dato tutto quello che avevo da dare, seppur in capo a una fatica immane e all'anno scolastico più severo di tutti quelli che ho vissuto; l'anno zero della radio, sospesa tra rivoluzione e fallimento. C'è stata la tentazione di mollare. La scrittura è stata pratica benedetta, un salvafrancesco. Il mio romanzo che sanguina, le parole che trovo per raccontarlo. Gli amici a cui è piaciuto, che me lo han fatto sapere. E tutti quelli che non lo hanno fatto ma vorrebbero farlo: vi prego, son qui, mi fa bene scoprire che vi siete commossi e divertiti, tra tanto dolore.
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