Era in giorni come questo, al ritorno del sole dopo settimane di pioggia, che mi sedevo sul cornicione della mia finestra e guardavo Narni. Era pulita come un bambino dopo il bagnetto, le macchine andavano piano sull'asfalto scivoloso, alla curva della Memoria si formavano sempre, per terra, cerchi concentrici di acqua a colori che appena il sole arroventava evaporavano. Mettevo sul giradischi un vinile malinconico e aprivo un libro, lì a cavalcioni, a quindici metri d'altezza. O, nella stessa posizione, facevo i tre accordi di chitarra che avevo imparato, sempre quelli, fino a che i polpastrelli non indolenzivano. Se il carnevale finiva a ridosso della primavera - non riuscendo a corteggiarla per una questione di giorni e si ritirava come si ritira un amante senza coraggio - gli schiamazzi dei bambini in maschera si confondevano col suono delle chiarine e i tonfi dei tamburi: i costumanti provavano già, in abiti moderni, il grande spettacolo del corteo storico. Picchiavano su quei tamburi come carpentieri, e quando studiavo mi davano ai nervi. Succedeva che mollavo Henri Pirenne, riponevo le dispense del professor Delogu e scendevo in strada, con la mia coccarda fraportana. Sono nato al confine. La mia camera sta a Fraporta. Poi uno spigolo di muro e in prossimità dell'Arco di Frullani ecco Mezule. Per cui sono rossoblu nell'anima e bianconero nel cuore, se è vero che anima e cuore confinano.
Dalla finestra della mia camera ho visto passare un sacco di mondo. Ho visto passare il giro d'Italia, non so più se fosse il '71, il '72 o chissà che altro tempo: ero in piedi sopra una seggiola, troppo piccolo per arrivare a guardare giù senza arrampicarmi; ho visto passare la Mille Miglia; e mio nonno che arrivava col gelato quando era giugno; e mio padre con la sua Alfetta comprata usata; e mia madre che mi portava Martin Mystere quando ero malato e diceva sempre "Come fa a piacerti?". Lo leggo ancora, ma non diteglielo. Ho visto passare le macchine dipinte a tricolore dopo Italia-Germania dell'82, e la ragazza che a quindici anni mi piaceva da morire e a cui non l'ho mai detto. Lei lo sapeva lo stesso, ci scommetto.
Magnifica era la montagna davanti, e il belvedere, al primo giorno di ora legale. Sembrava che il tempo amasse gli uomini, in quei momenti: la luce mi bagnava di euforia, come la prima volta che fai l'amore, e ti senti tutto appiccicato e non sai se alla tua ragazza la stessa sensazione dia fastidio o la gratifichi. Guardavo le ragazze più grandi di me uscire dal cinema con le gonne stropicciate: avevano visto poco, del film. Passavano là sotto e tornavano a casa, dove i padri le sapevano sì al cinema ma con le amiche. E a volte sentivo che arrivava qualcuno, in camera,e allora saltavo dentro e chiudevo la finestra, prima che mi dicessero "Sei ammattito? Vuoi cadere di sotto?"
Ho sognato come ho potuto, questa è la verità. Ho sognato cose che non si sono mai avverate; altre, bellissime, a cui non misi mai mente, si sono manifestate nella mia vita come una benedizione. Se da adolescenti potessimo sapere davvero cosa succederà nel tempo, quali strazi e gioie dovremo sopportare, forse non avremmo il coraggio di scendere da quella finestra, e vivere. Per fortuna però siamo del tutto incoscienti e l'incoscienza degli accidenti che capiteranno, delle parole non dette o dette male o in ritardo, e dei pentimenti tardivi e delle trascuratezze colpevoli - l'incoscienza perfetta del futuro - ci salva indiscutibilmente la vita.
Dalla finestra della mia camera ho visto passare un sacco di mondo. Ho visto passare il giro d'Italia, non so più se fosse il '71, il '72 o chissà che altro tempo: ero in piedi sopra una seggiola, troppo piccolo per arrivare a guardare giù senza arrampicarmi; ho visto passare la Mille Miglia; e mio nonno che arrivava col gelato quando era giugno; e mio padre con la sua Alfetta comprata usata; e mia madre che mi portava Martin Mystere quando ero malato e diceva sempre "Come fa a piacerti?". Lo leggo ancora, ma non diteglielo. Ho visto passare le macchine dipinte a tricolore dopo Italia-Germania dell'82, e la ragazza che a quindici anni mi piaceva da morire e a cui non l'ho mai detto. Lei lo sapeva lo stesso, ci scommetto.
Magnifica era la montagna davanti, e il belvedere, al primo giorno di ora legale. Sembrava che il tempo amasse gli uomini, in quei momenti: la luce mi bagnava di euforia, come la prima volta che fai l'amore, e ti senti tutto appiccicato e non sai se alla tua ragazza la stessa sensazione dia fastidio o la gratifichi. Guardavo le ragazze più grandi di me uscire dal cinema con le gonne stropicciate: avevano visto poco, del film. Passavano là sotto e tornavano a casa, dove i padri le sapevano sì al cinema ma con le amiche. E a volte sentivo che arrivava qualcuno, in camera,e allora saltavo dentro e chiudevo la finestra, prima che mi dicessero "Sei ammattito? Vuoi cadere di sotto?"
Ho sognato come ho potuto, questa è la verità. Ho sognato cose che non si sono mai avverate; altre, bellissime, a cui non misi mai mente, si sono manifestate nella mia vita come una benedizione. Se da adolescenti potessimo sapere davvero cosa succederà nel tempo, quali strazi e gioie dovremo sopportare, forse non avremmo il coraggio di scendere da quella finestra, e vivere. Per fortuna però siamo del tutto incoscienti e l'incoscienza degli accidenti che capiteranno, delle parole non dette o dette male o in ritardo, e dei pentimenti tardivi e delle trascuratezze colpevoli - l'incoscienza perfetta del futuro - ci salva indiscutibilmente la vita.
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