Passa ai contenuti principali

Tutte le morti meno una

Di tanto in tanto torno nei posti del mio passato a vedere se sono ancora vivi. Perché i posti non muoiono, sono lo stesso palcoscenico che ho calcato quando la mia vita non era questa indigestione di dolore che è ora, ma li ho maledetti talmente, quei posti, da sperare in una carestia che li cancelli. Invece no, non solo esistono ancora ma esistono beffardamente, e lo stesso per gli oggetti: i cuscini che dipingesti, la mia foto a vent'anni che ti piaceva così tanto da metterla in cornice, la prima pagina del Messaggero con lo scudetto vinto, il cofanetto de La vita è bella con la sceneggiatura di Cerami. Mi guardano passare, calpestarli o prenderli in mano - posti e cose -  e ridono di me o nel migliore dei casi mi ignorano, e io cerco un brandello di te, un capello perso sotto il divano, un'impronta delle tue dita sul telecomando senza trovare nulla se non nell'immaginazione.
Oggi a Itieli faceva freddo: 20 gennaio, casa disabitata, 8 gradi. Ho resistito cinque minuti, riavvolgendo il nastro, uno dei tanti. Eri lì a preparare la lezione, era mezzanotte, scendevo a chiamarti, Vuoi venire a letto? è tardi e tu Ancora un minuto e  ti chiudevo i libri e teneramente ti baciavo e andavamo a dormire. O la mattina che preparavi la colazione e d'estate uscivi in giardino a salutarmi che andavo in radio e ti chiedevo Oggi mi ascolti? Viene Giovanni Allevi, o Oggi non perderti la puntata, c'è Verdone e tu rispondevi Per nulla al mondo, tesoro, per nulla al mondo.
Ho parcheggiato la macchina fuori dal cancello, erano le quattro: un sospiro al tramonto. Ho fatto il sentiero d'erba che da fidanzati, al buio, dopo l'amore, percorrevamo al contrario, tornando sui nostri passi con l'odore addosso l'uno dell'altra, vergognosi che qualcuno ci vedesse dal paese e potesse riferire a mio padre. E ho pensato alla morte. Ci pensavo prima, figurati adesso. Di tutte le morti possibili, ne ho immaginata una che sarebbe stata perfetta. Morire in te, mentre - un minuto dopo che tutto era successo e prima che riaccadesse - ti indugiavo dentro, mentre ci eravamo indispensabili, mentre altri ci credevano a studiare. Morire mentre mi baciavi ed eravamo uno, morire di bellezza appena ripetevi sussurrando Ti amo con lo sguardo di chi ama da far invidia a dio e nessun giuramento al mondo era mai stato più vero. Mai nessuno più lo sarebbe stato. Di tutte le morti avrei avuto paura tranne che di quella.
Anche su di me stanno le tue dita, le tue impronte digitali; le tue labbra mi han lasciato addosso, su ogni centimetro di pelle, la dolcezza perfetta, come la tempesta. Non ne vedo l'impronta ma non vuol dir niente. Non ho bisogno di oggetti, in fondo, per cercarti. Sei tatuata su di me, invisibile agli occhi. Scendendo, mi sono chiesto se ti sarei piaciuto anche con gli occhiali. Non hai fatto in tempo a vedermeli inforcare. Una contadina lì da presso, per uno scherzo pietoso del dio delle coincidenze, urlava Sì! non so a che diavolo di domanda dell' uomo che se ne stava mezzo nascosto dietro un casolare.
E a quel punto tornare a casa è stato più leggero di quanto potessi sperare.

















Commenti

Post popolari in questo blog

Niente per sempre

C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e  a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...

Primavera di vento

A Tarquinia c'è un albergo nascosto in mezzo alla pineta, non affaccia al mare, è l'albergo dei nostalgici, degli amanti e delle canzoni d'autore. Tira sempre vento quando ci vado, ma è il vento leggero del Tirreno che volta le pagine del libro che ho in testa assieme ai ricordi della giovinezza, mai finita e mai rinnegata. In una primavera di vent'anni fa, una primavera anch'essa di vento, ci arrivammo per caso, tu ed io, ragazza amorevole di un'altra vita. Dal litorale non si vede e se non sai che c'è è difficile trovarlo, e noi cercavamo una camera col balcone sulla spiaggia, per cantare un'altra volta il caso, divinità innamorata delle onde azzurre e dei fortunali. Cenammo invece a bordo piscina perché l'hotel segreto ci rapì, e il mare restò una voce di là dalla strada, una prospettiva per l'indomani, l'abisso dentro cui stavamo per cadere dopo quella notte di soprassalti. Ti presi e poi tu prendesti me e alla fine la stanchezza ci rese ...

Il numero settecento

Mi sono perso. Ho girato a vuoto per certe colline che credevo familiari, il gps non prendeva, nei paraggi nessuno a cui chiedere la strada. Cercavo una certa locanda che in una canzone del settantatré viene cantata come un posto di frontiera,  ero certo esistesse davvero, volevo vedere com'è fatta, che gente la frequenta. Quando stavo per darmi per vinto l'ho trovata. I posti come questo, di confine, io li amo, li eleggo a covili di creatività perché là dentro passano mille venti, centomila viaggiatori, e ogni vento e ognuno di quei viaggiatori ha una storia da raccontare, e a intrecciarle ne viene fuori una inedita che ha in sé tutte le intonazioni delle altre ma una stravaganza solamente sua. Quando finisce il giorno in quegli avamposti lontani arriva il silenzio, le voci smettono di bisticciarsi e io posso abitare una veranda con vista sui campi di girasole come fossi in Alabama, e provare a confessare in libertà quello che ho in testa.  Eccola, l'eucarestia  della sc...