Passa ai contenuti principali

L'innocente

Facesse male, si sentisse dolore, il giorno che uno perde l'innocenza, ci staremmo attenti. Invece succede in silenzio, come un fantasma che viene a farti visita di notte e te dormi e non lo sai. C'è un giorno in cui maturi il cinismo degli adulti, in cui cominci a giudicare le persone, in cui prendi a fare le cose per calcolo e non più per divertimento. Non capita a tutti alla stessa età e allo stesso modo. Non è facile neanche ricordare, quando cresci, come ti è successo. Ma succede, ed è uno strappo che non si ricuce. C'entrano i tuoi genitori, una scuola diversa, una derisione subita, un innamoramento. Oppure no: avviene e basta, senza complici, e non puoi buttare la croce addosso a nessuno.
La mia innocenza giocava con me a pallone nei vicoli dietro casa, s'ammalava con me a prendere ariate che ero sudato, con me si iniettava antibiotici, riceveva le visite degli amici sani che prima di andare al cinema le facevano invidia, con me delirava per la febbre alta, con me cercava la figurina di Bordon per finire l'album, con me aspettava Natale come un'invenzione magnifica dei grandi. Oppure. Con me sognava nei boschi del Canada appresso al Comandante Mark -  nelle sere d'inverno che vivi in una bolla di luce appena sufficiente a leggere e attorno l'universo è tenebra; con me scriveva i nomi dei ciclisti sui tappi della birra e poi li faceva ruzzolare a ditate sulle piste di gesso; con me restava sveglia la notte prima di partire per il mare; con me aspettava il pomeriggio per mangiare il gelato, che di mattina non si poteva, mia madre diceva che faceva male.
Poi a un certo punto un amico più scaltro, un sognatore pentito, una  circostanza senza altri attori che me, deve avermi fatto trasalire. Una stonatura e presi a vedere le cose differenti. Scoprii la realtà. Sentivo alcuni che parlavano male di altri e anche io cominciai a parlar male di qualcuno, senza prove, solo per imitazione. Assunsi i difetti  degli adulti tralasciando di allenarmi a imitarne i pregi. Ho perso amici, a fare così. Ho perso qualche amore acerbo. Divenni silenzioso, solitario. Introverso, dicevano che ero. Per tutta l'adolescenza ho fatto tante battaglie con me stesso - perché mi rendevo conto che stavo cambiando e non mi piaceva -  uscendone quasi sempre sconfitto. Se fossi stato piccolo oggi e non negli anni settanta, mi avrebbero portato in analisi. Ma allora non si usava. Al cospetto delle mie crisi si limitavano a dire Che ti manca? La terra sotto i piedi? non immaginando che ciò che perdevo era il sogno e la speranza di vivere in un mondo senza colpe da emendare.





Commenti

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Tre circostanze fortunate

Tu adesso chiudi gli occhi che io ti do un bacio. Chiudi gli occhi perché il bacio non devi vederlo arrivare, devi fare in modo che l'attesa sia una fitta dentro al petto, che la mia bocca s'aggrappi alla tua quando non ci contavi più, quando pensi che me ne sono andato e t'ho lasciata là, ingannata e cieca. Mentre aspetti il tempo ti sembrerà differente - il tempo dell'attesa di un bacio sfugge alla gabbia consueta - e se alla fine ti chiedessero di contarlo dovresti fare come i bambini, con le dita, e sarebbe lo stesso un inganno. Non è una questione di età, io ho la mia e tu la tua, non siamo alle prime armi. Ma anche la tenerezza - perché è di questo che stiamo parlando - muove con un tempo tutto strano, asincrono, ed è la stessa di quando avevamo vent'anni - tu più di recente - rinvigorita però dall'autostima, che alla giovinezza non si addice. Poi vorrei tenerti addosso, come in quella canzone di Paoli, stringerti alla mia camicia bianca e dirti che probab

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia