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E il mio tutto che ancora si ostina a cercare una via (intervista a Niccolò Fabi)

Gentile e malinconico. E bello, tanto da attirare le donne e far invidia agli uomini. Incontro Niccolò Fabi alla terza edizione dell'Otricoli Music Festival, organizzato nella cittadina umbra dall'amministrazione comunale in collaborazione con la Pro Loco. Una chiacchierata di pochi minuti, al tavolo di un ristorante. Questo ne è il fedele resoconto:
- Il concerto di oggi è uno spettacolo acustico con Pier Cortese e Roberto Angelini. Come nasce questa particolare collaborazione?
- Noi tre siamo amici da molti anni e suoniamo insieme anche in occasioni non ufficiali. Roberto e Pier hanno suonato anche nel mio disco più recente. Questa è la coda della turné che ci ha portati in giro per l'Italia tutta l'estate.
- Il tuo disco Ecco si presta molto a essere suonato live in forma acustica. Sembra quasi che le canzoni siano state concepite per essere presentate al pubblico in questa veste.
- Ecco è un  disco molto suonato, registrato quasi in presa diretta. In realtà è lo spirito quello che è importante nelle canzoni, al di là se poi l'arrangiamento live è lo stesso di quello del disco o leggermente diverso. Con Cortese e Angelini le canzoni suonate dal vivo assumono un aspetto, diciamo, collettivo perché anche loro sono cantautori, non solo musicisti.
- Tra le canzoni del disco, direi che colpisce a un primo ascolto I cerchi di gesso. Una canzone nostalgica per la tua infanzia? Citi gli anni Settanta...
- Oltre a un significato musicale per un certo tipo di sonorità di quegli anni e per la musica meno irreggimentata nei dettami del mercato, poi nel brano c'è un tempo del ricordo. La gioventù è un periodo speciale per ognuno di noi ma non c'è nostalgia; c'è apprezzamento di un'epoca inevitabilmente unica nella vita.
- Un altro brano forte è Lontano da me, in cui scrivi di star bene solo nel distacco da te stesso. Fare l'artista è un modo per stare lontano da se stessi o invece per recuperarne la parte più intima?
- Entrambe le cose. Sei quasi costretto a entrare dentro di te, la tua intimità. Il lavoro di scrittura soprattutto te lo impone. La turné invece è un momento di viaggio, più divertente, in cui ti allontani dalla quotidianità e scopri luoghi, persone, molto diversi e apprezzi un altro tipo di felicità, più spensierata.
- Sei reduce anche da un festival jazz in Sardegna...
-Quest'anno sono reduce da tante esperienze musicali diverse: dal jazz con Paolo Fresu - a cui ti riferisci tu - ai Suoni delle Dolomiti dove si suona a 2100 metri in un'atmosfera mistica, fino alla notte della Taranta, concitata e gioiosa. Fare musica è toccare diverse corde a livello di stati d'animo. Se ti interessa, se ne sei incuriosito -  e a me risulta abbastanza naturale - è bello.
- Dopo Ecco cosa succede?
- Non lo so. Con settembre concludo questo momento di estroversione. Poi c'è un momento di stacco. Devo capire se e cosa voglio ancora raccontare. Non so se sotto forma di canzoni o altri progetti. Nulla è mai scontato.
- Che poi è il bello di questo mestiere.
- Sì, bisogna assolutamente considerarlo così.


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