C'è una zattera su un fiumiciattolo del Texas orientale; sopra ci stanno due ragazzine - una è di colore - e un adolescente effeminato, una donna bellissima che scappa da suo marito, un predicatore con un peso gigante sulla coscienza, un mucchio di soldi rubati, un'urna con dentro le ceneri di una ragazza fissata col cinema, fatta affogare con una macchina per cucire legata alle caviglie e poi cremata in un mattonificio. Anni Venti del secolo scorso. Già questo giustificherebbe il viaggio fino in America; ma una volta lì bisogna piazzarsi davanti alla porta di casa di Joe R. Lansdale e appena esce mollargli un bacio alla francese. Non sarebbe contento, a meno che non siate Sharon Stone, e non arriverò a tanto. Ma è per dire dei narratori di razza. Che ti incastrano in una storia - Acqua buia, Einaudi - e non puoi farci niente, finché non è finita stai lì invischiato come nella melassa. Aggiungo che la zattera ha per destinazione Hollywood, o un posto da cui non sia così impossibile raggiungerla, perché i ragazzini hanno fatto un voto: spargere al vento proprio a Hollywood le ceneri della morta, per via della fissa che aveva. Beh, è uno spasso, 'sto libro, tra tenerezza e crudeltà, agguati, serpenti d'acqua, linciaggi, paludi. E dialoghi secchi, taglienti. Non sarà facile arrivare a dama per la coraggiosa accozzaglia di eroi. Ma è una cosa che ha a che fare con la crescita e Lansdale, dopo tanti romanzi pulp, si è specializzato nel raccontare gente che cresce. Con problemi, sennò non c'è gusto. Siamo dalle parti del kinghiano Stand by me, per capirci. Meno filosofico e più avventuroso. Magistrale comunque. Non è roba piatta, da supermercato. Oddio, la trovate pure là, tra il tonno e la maionese. Ma siamo su un altro pianeta rispetto ai libri che vanno per la maggiore. Provare per credere.
C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...
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