Passa ai contenuti principali

Aprile, àprile il cuore

Avevo deciso di non andare più: troppa pioggia, troppa malinconia. Qualche volta mi lascio prendere dalla tentazione di non far nulla, dei miei progetti migliori. Pericoloso assai. A casa Susi ha piantato una grana, perché la gita ormai l'aveva messa in conto. Armati dell'essenziale siamo così partiti per il mare. Tra Bomarzo e Viterbo una grandinata furibonda mi ha fatto pensare che dovevamo tornare indietro. Ignorando gli assalti dell'accidia ho tirato dritto. Appena dopo Tuscania altro nubifragio, visibilità ridotta, torrenti d'acqua in mezzo alla carreggiata ma ormai eravamo arrivati. Tarquinia lido è più bella nei ricordi di quanto non lo sia obiettivamente; è un mare facile, dietro casa, un po' abbandonato a se stesso, spiaggia di sabbia scura, qualche baracca fatiscente tra alberghi costosi. Qui  ho sperimentato la felicità, quando io e te piantavamo tutto e per due giorni eravamo irreperibili. Una volta lo racconterò.
Parcheggiamo sulle strisce blu: si paga solo d'estate. Ha smesso di piovere. Camminiamo sul lungomare, Susi mi scatta delle foto e ride e fa un ruttino, la riprendo, dice "Scusa"con la faccia furba. Le dico che avevo poco più dei suoi anni quando qui ci venivo coi miei; mi ricordo le canzoni estive da un altoparlante mentre andavo a comprare il giornale per mio padre. Musica leggera, come la vita di allora, quando ogni ragazzina che ti faceva gli occhi dolci pensavi potesse essere un grande amore. Le faccio vedere la casa dove stavamo in villeggiatura, nel 1983. Non mi dà soddisfazione, dice "Non ho fatto colazione, ho fame": mi arrendo, basta ricordi. Saliamo in città, raggiungiamo un ristorante dove ho lasciato il cuore.Si chiama Scacciapensieri. Ci mangiammo un paio di volte dei piatti di mare fantastici. Ora ci vengo con tua figlia, vedi? Ha la tua faccia, le tue espressioni, i tuoi gusti. Prende un antipasto di mozzarella di bufala e prosciutto crudo, e orecchiette con broccoli e salsicce. Troppo peperoncino, le passa a me e io devo rinunciare ai miei sedanini ai frutti di mare. Entra un signore anziano, corpulento, con la chitarra. La faccia da bravo cristo. Comincia ad arpeggiare una canzone napoletana. Gli do due euro, non la finisce più di ringraziare, ci dice tre volte "Buon appetito", esce a elemosinare altre monete sotto la pioggia. Chiudiamo con una crema d'uovo con le fragole sopra, fatta lì per lì, il cameriere ci avverte: "Fate attenzione, signori: è ancora calda". Pago il conto e saliamo alla terrazza panoramica, dove c'è un negozio di dolciumi. Sono le tre del pomeriggio: chiuso. Lì accanto, su un giardino, c'è un libro di pietra con scolpiti versi di Cardarelli,  poeta vero e misconosciuto. Scattiamo altre foto, stavolta con le facce buffe. Torniamo al lido, per un saluto al mare. Susi dice "Voglio farti un regalo, voglio comprarti un bracciale. Poi te lo metti?". "Dipende come è fatto". Non troviamo bancarelle, sarà per la prossima volta. Riprendiamo la strada per Viterbo dove - è un rito - mi fermo a comprare Zagor alla solita edicola. Lo facevo ogni due aprile con te, lo faccio con tua figlia. Susi non ne ha ancora abbastanza, mi porta in via del Macel Gattesco: c'è una fumetteria, cerca Naruto ma non trova i numeri che le mancano. Si accontenta di un gelato, dopo aver scartato un paio di bar "troppo lussuriosi"; "lussuosi", la correggo; "è uguale". Rincasiamo e lei si addormenta sul sedile, con la bocca aperta. Darei non so cosa perché potessi vedere tua figlia quant'è bella. Ma forse la vedi meglio di me e con occhi più innamorati che mai. E questo è tutto.



Commenti

  1. Bellissimo post, te lo dico da padre e da lettore di Zagor.

    RispondiElimina
  2. Passando dal blog di Lucia Baciocchi non ho potuto fare a meno di passare sul tuo (permettimi di darti del tu)e di leggere.
    La certezza che "il tuo grande amore" guarda te e Susi "con occhi più innamorati che mai" ti dia forza ed energia per andare avanti.

    RispondiElimina
  3. grazie, me le sta dando in effetti. Lo sento

    RispondiElimina

Posta un commento

Grazie per aver commentato il mio post

Post popolari in questo blog

Niente per sempre

C'è una murata di scogli a cento metri dalla riva, mia figlia arrivava fin là. Più al largo non si tocca e  a turno io e mia moglie le facevamo la guardia, dritti sul bagnasciuga, rischiando l'insolazione. Ciononostante ogni tanto spariva tra quelle onde docili, pochi attimi, per poi riapparire in qualche tratto più vicino alla spiaggia. Troppo tardi, a me era già venuto un infarto. Meno apprensiva mia moglie: forse già sapeva che in capo a tre anni ci avrebbe lasciati soli e voleva mostrarmi come gestire razionalmente il panico di una figlia in mare aperto. In senso letterale e metaforico. Era il 2009 e dopo sedici anni sono tornato qui, ma l'albergo dove soggiornammo inquieti e preda di una felicità a breve termine l'ho solo sfiorato: ho preso una camera nell'albergo accanto dalla cui finestra, guarda tu il caso, si intravede la camera di allora, un suo spiraglio almeno. Perché l'ho fatto? Perché non sono mai riuscito a maledire il passato, provo anzi una sort...

Primavera di vento

A Tarquinia c'è un albergo nascosto in mezzo alla pineta, non affaccia al mare, è l'albergo dei nostalgici, degli amanti e delle canzoni d'autore. Tira sempre vento quando ci vado, ma è il vento leggero del Tirreno che volta le pagine del libro che ho in testa assieme ai ricordi della giovinezza, mai finita e mai rinnegata. In una primavera di vent'anni fa, una primavera anch'essa di vento, ci arrivammo per caso, tu ed io, ragazza amorevole di un'altra vita. Dal litorale non si vede e se non sai che c'è è difficile trovarlo, e noi cercavamo una camera col balcone sulla spiaggia, per cantare un'altra volta il caso, divinità innamorata delle onde azzurre e dei fortunali. Cenammo invece a bordo piscina perché l'hotel segreto ci rapì, e il mare restò una voce di là dalla strada, una prospettiva per l'indomani, l'abisso dentro cui stavamo per cadere dopo quella notte di soprassalti. Ti presi e poi tu prendesti me e alla fine la stanchezza ci rese ...

Il numero settecento

Mi sono perso. Ho girato a vuoto per certe colline che credevo familiari, il gps non prendeva, nei paraggi nessuno a cui chiedere la strada. Cercavo una certa locanda che in una canzone del settantatré viene cantata come un posto di frontiera,  ero certo esistesse davvero, volevo vedere com'è fatta, che gente la frequenta. Quando stavo per darmi per vinto l'ho trovata. I posti come questo, di confine, io li amo, li eleggo a covili di creatività perché là dentro passano mille venti, centomila viaggiatori, e ogni vento e ognuno di quei viaggiatori ha una storia da raccontare, e a intrecciarle ne viene fuori una inedita che ha in sé tutte le intonazioni delle altre ma una stravaganza solamente sua. Quando finisce il giorno in quegli avamposti lontani arriva il silenzio, le voci smettono di bisticciarsi e io posso abitare una veranda con vista sui campi di girasole come fossi in Alabama, e provare a confessare in libertà quello che ho in testa.  Eccola, l'eucarestia  della sc...