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Quanta Strada da fare, Gino...

Non è che me le vado a cercare col lanternino, le storie: al contrario, mi cadono addosso, a volte quando non mi va neanche di farmi coinvolgere. Lo decidono loro il momento e il modo e non puoi opporti, solo aprire gli occhi e le orecchie. Oggi, in via Veneto, a Roma, dove sono andato per festeggiare con un giorno di ritardo l'onomastico, me ne è capitata una piccola, tra capo e collo. Commovente però, tanto da farmi venir voglia di condividerla. Ciondolavo tra negozi e caffé, senza entrare, pigramente, perché la pigrizia si addice all'ottobre romano. Al tavolino di un bar una signora giovane, meno di quarant'anni, distinta, elegante, con un gran cappello rivista di Macario. Sul grembo un cagnolino piccolo, marrone, sovrappeso: un wurstel. Intorno, via Veneto sciorinava la sua umanità: accanto ai brokers in cerca di fessi da intortare e ai tagliagole, i fantasmi dei vitelloni che vi bivaccarono. La signora a un certo punto ordina dei cornetti, delle paste. Le porta, il cameriere, un vassoio di croissant e uno più piccolo di mignon di tanti colori. A cinque metri da me, appoggiato a un muretto, un signore con un vestito completamente bianco, anziano, l'aspetto ottocentesco, la guarda anche lui. Lei comincia a sfamare la bestiola, in mezzo alla gente che sta lì attorno e non le dà spago. Quando il cane non ne può più, la ignon,padrona lo forza a mangiare gli ultimi mignon. Le si avvicina un mendicante, chiede degli spiccioli, lei lo manda via in malo modo, dice qualcosa contro la politica, il governo. Il signore in bianco prende a passeggiare in su e in giù, senza staccarle gli occhi di dosso. In capo a qualche minuto arriva un ragazzo di colore che vende delle rose; la donna reagisce con ancor più rabbia, inveisce, lo offende. Intorno non se ne danno per intesi, solo il cameriere arriva e caccia il mendicante. A questo punto il signore in bianco si fa avanti. Si presenta, io mi siedo al tavolino accanto. La curiosità mi costerà alla fine quindici euro per un caffè, un cornetto sciapo e un pacchetto di Vigorsol ma fa niente. Il dialogo è stato più o meno questo:
- Signora, ha visto quel manifesto, su quel muro laggiù?
- Cosa dice? Che vole? Che manifesto?
- Ci faccia caso, quando si alza dal tavolo: è proprio in fondo alla strada.
- Ma che sta a dì? Perché me dovrebbe riguardà?
- Perchè è un manifesto funebre. Un ragazzo, aveva solo trentacinque anni.
- Mica è mi' parente, io che c'entro? Pace all'anima sua.
- E invece la riguarda, eccome. O  dovrebbe, se ci fosse un po' di giustizia a questo mondo.
- Nun la seguo.
- Vede, quel ragazzo era mio figlio. Un incidente in motorino, tre giorni fa. Ragazzo in gamba, una moglie altrettanto in gamba, due figlie femmine, medico volontario in Afghanistan, con Emergency. Gino Strada, conosce?
- Quer matto co' l'occhi de fori? Dio ce ne scampi.
- Vede? è come le dicevo: la giustizia divina è cieca e monca.
- Senta, me dispiace pe' su' fijo ma me lasci in pace.
- Va bene, ma prima una domanda.
- Se insiste...
- Ma lei perché si ostina a vivere?
-Cosa?
- Dio, se fosse una persona seria, avrebbe scritto il suo nome, signora, su quel  manifesto e avrebbe lasciato che un medico coscenzioso facesse il suo lavoro in guerra.  Non crede? Buona serata, signora. E mi perdoni se l'ho importunata.
E l'ha mollata lì, con le briciole dei croissant sulla tovaglia, il cane mezzo addormentato. Lei ha maledetto il vecchio a bassa voce ma io ho sentito; poi non ha avuto più voglia di dire niente, si è alzata, è andata via.
Poco dopo ho preso le mie gomme, ho lasciato giù i soldi, e ho fatto lo stesso. E la storia, un po' monca come tutte le storie dal finale aperto, si è spenta nel tramonto capitolino.


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