Forse si compiace un poco, si specchia in se stesso, cerca l'effetto poetico a ogni curva del racconto quando dovrebbe andare sul pratico. Ciò non toglie che I pesci non chiudono gli occhi, di Erri De Luca, sia un libro potente: essenziale e compiuto allo stesso tempo. La storia di una fanciullezza che detesta il proprio corpo e vorrebbe romperlo per vedere se ne esce cresciuto è la storia della fanciullezza di tutti. Solo per un incidente è ambientata a Napoli in un'estate degli anni Sessanta ma andrebbe bene lo stesso se fosse qui e ora. Bello è quando il racconto prende la strada della commozione, nel ricordo che lo scrittore fa di sua madre; e anche di suo padre, innamorato dell'America a tal punto da mollare tutti e andarci e poi esule a casa sua e pesce fuor d'acqua, nella stessa Napoli, negli anni confinati del ritorno. C'è una ragazzina più grande del bambino che Erri è a quel tempo: il suo primo amore. Lui non ricorda come si chiamava e non vuole inventarle un nome. Con lei scopre il significato segreto del verbo mantenere: tenere per mano, e la sua mano afferra quella di lei in un gesto che gli farà scoprire assieme la dolcezza e il presagio del distacco. E ci sono tre guappi, tre mascalzoni, ragazzini pure loro, che si danno man forte l'un l'altro e per competizione, per istinto animale, a un certo punto gonfiano di botte proprio lui, il bambino che ama i cruciverba, i silenzi e andare a pesca. E alla fine c'è una specie di giustizia divina che per ingegno della ragazza ridicolizza la violenza e premia la vittima con un primo bacio e altri, ripetuti, nei giorni successivi. Lui, quando lei lo bacia, tiene gli occhi aperti. Perché? gli domanda. Perchè i pesci non chiudono gli occhi è la risposta. Un altro modo per dire: conviene allenarsi a guardare la realtà anche quando spaventa.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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