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Cantautore senza fili

Trent'anni fa a un mio cugino militante, più grande di me, feci ascoltare  Burattino senza fili. Io ero un ragazzino delle medie, lui un universitario fuori  corso. Rimase folgorato tanto che giorni dopo, quando andai a casa sua, scoprii che aveva comprato il disco e lo aveva nascosto in mezzo a quelli degli Inti Illimani (la musica andina: che noia mortale cantava già Dalla). Lo aveva comprato senza dirmi niente, perchè avrebbe dovuto ammettere che glielo avevo fatto piacere io e poi che figura ci faceva con gli amici ? Un paio di anni dopo, lui rinnegò Bennato e si buttò su Pino Daniele. Qualcuno gli aveva suggerito che Bennato non era ben schierato, gli aveva fatto ascoltare canzoni pericolose, non allineate, come Arrivano i buoni (I buoni e i cattivi, album del 1974), dove i buoni, i manifestanti, gli indignati, erano più o meno come i cattivi e correvano un rischio concreto di imborghesimento, come scriveva Pasolini. A un pranzo di famiglia il cugino fuori corso annunciò la sua passione per Daniele, il napoletano più innocuo, più rassicurante e ortodosso, e ci mise in mezzo una frase come "altro che Bennato" rivolta a tutti ma in realtà indirizzata a me. Era il suo modo per farmi capire che si era smarcato dal mio gusto qualunquista. Poi uscì Sono solo canzonette e per lui fu il colpo di grazia.Concluse che Bennato era un pericoloso reazionario perchè aveva osato ironizzare sugli impresari di partito o aveva scritto frasi come Faccio il pirata ma non mi va e tengo pure una certa età o ancora E non mi importa dov'è il potere finchè continua a darmi da bere. Tutto questo è storia. Ma  io, dopo tanti anni, proprio a causa di questa storia, continuo a ripetere che Bennato è il cantautore più libero che l'Italia abbia conosciuto. Perchè ha scritto e cantato solo quello che voleva lui, non ha mai avuto padrini o padroni, perchè tutte le forze politiche, prima o dopo, hanno tentato di appiccicargli etichette senza riuscirci. Non è stato il più bravo forse: discontinuo, geniale all'inizio, fino al 1985 o giù di lì, poi di maniera, un po' ripetitivo e alcuni dischi recenti, diciamolo, sono in gran parte trascurabili. Ma un artista vero, coerente con quanto cantato agli inizi anche negli anni meno ispirati della sua carriera: ascoltare Tutto sbagliato baby (da Il paese dei balocchi, 1992) o Sbandato (dall'album omonimo, 1998) per credere. Un artista che ho riscoperto  (dopo qualche anno in cui i miei gusti erano rivolti altrove) grazie al libro del giornalista e critico musicale Francesco Donadio, la cui copertina vedete nella foto. Il primo libro non scritto da un suo amico o ammiratore. Quindi un testo neutrale, circostanziato, che segue l'evolversi della carriera del nostro anno per anno, in cui ci sono il pubblico e il privato, la sfiancante gavetta per arrivare a un contratto discografico (Il gatto e la volpe, ricordate?), la famiglia (la mamma che lo avviò alla musica e lo ammoniva: Non farti cadere le braccia, i fratelli più piccoli Eugenio e Giorgio) e i drammi personali. Un libro fondamentale per ritrovare un genio innovatore, al di là delle passioni  politiche, della canzone italiana.

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