Ci sono città che quando ci vai ti lasciano indifferente, altre che non vedi l'ora di scappare via. E poi ci sono quelle che ti entrano nel cuore e dove abiteresti se solo la vita, il destino, facessero il loro dovere fino in fondo. Ho sempre amato le città di mare: prima o poi, a dio piacendo, comprerò un monolocale in qualche posto del genere. Lucca non è sul mare, anche se ad annusare la sua aria con respiro profondo l'odore di iodio sembra quasi di sentirlo. Ci ho fatto toccata e fuga, a Lucca, mezzo sabato e un terzo di domenica, per presentare l'Apocalisse in pantofole alla libreria Ubik, in via Fillungo. Ma ho avuto il tempo di assaporarne il fascino delle strade strette e gremite, delle torri vertiginose, il gusto degli strepitosi cornetti al burro nell'unico bar aperto alle sei di mattina. Sono andato, con rispetto, a trovare Giacomo Puccini a casa sua, stanze sature d'afa trasformate in museo: un pianoforte, lettere autografe dell'editore Ricordi, spartiti con la sua scrittura sopra, uno sfarzoso costume per la Turandot messa in scena a New York nel 1910.
Un amico narnese che abita lì ci ha portato poi a mangiare in una trattoria fuori la cinta di mura. Era tardi, noi stanchi per il viaggio, lampade a petrolio sopra i tavoli; Spagna-Francia, il calcio dei ricchi, gocciolava gli ultimi minuti da un televisore lontano. L'amico mi ha detto "Qui devi prendere le specialità lucchesi" e io che non amo la carne ho esitato. Alla fine ho scelto i tortelli al ragù, carne e sugo dentro e fuori. Buon dio, che meraviglia. Una pasta così speciale mi sa che non l'ho mai mangiata: per ricordarmela, le ho fatto una foto. Qui a Lucca è bello, bello vero: ci sono così tante storie che qualcuna me la tengo in serbo per il prossimo libro. Per esempio le insegne dei negozi: tu vedi, che so, Cravatteria, entri e vendono dolciumi, o borotalco. "E le cravatte?", chiedi. Ti spiegano che l'insegna è vecchia di quarant'anni e che lì c'è l'usanza di mantenere il passato sui muri, perchè il passato ha una dignità che non si può tradire.
Alberto Sordi infine. Lui qui ci ha girato qualche scena del Marchese del Grillo. La più crudele è quella in cui scalda sul fuoco delle monete e poi, incandescenti, le getta ai mendicanti sotto il balcone. Siamo stati anche a vedere la location, come si dice, grazie all'amico infaticabile che ci ha fatto da cicerone. La foto lo testimonia: è la villa dietro di noi. Storie dentro altre storie, Lucca. Una manna, un angolo di paradiso, per un narratore con le orecchie aperte e gli occhi che frugano pazientemente in giro.
Un amico narnese che abita lì ci ha portato poi a mangiare in una trattoria fuori la cinta di mura. Era tardi, noi stanchi per il viaggio, lampade a petrolio sopra i tavoli; Spagna-Francia, il calcio dei ricchi, gocciolava gli ultimi minuti da un televisore lontano. L'amico mi ha detto "Qui devi prendere le specialità lucchesi" e io che non amo la carne ho esitato. Alla fine ho scelto i tortelli al ragù, carne e sugo dentro e fuori. Buon dio, che meraviglia. Una pasta così speciale mi sa che non l'ho mai mangiata: per ricordarmela, le ho fatto una foto. Qui a Lucca è bello, bello vero: ci sono così tante storie che qualcuna me la tengo in serbo per il prossimo libro. Per esempio le insegne dei negozi: tu vedi, che so, Cravatteria, entri e vendono dolciumi, o borotalco. "E le cravatte?", chiedi. Ti spiegano che l'insegna è vecchia di quarant'anni e che lì c'è l'usanza di mantenere il passato sui muri, perchè il passato ha una dignità che non si può tradire.
Alberto Sordi infine. Lui qui ci ha girato qualche scena del Marchese del Grillo. La più crudele è quella in cui scalda sul fuoco delle monete e poi, incandescenti, le getta ai mendicanti sotto il balcone. Siamo stati anche a vedere la location, come si dice, grazie all'amico infaticabile che ci ha fatto da cicerone. La foto lo testimonia: è la villa dietro di noi. Storie dentro altre storie, Lucca. Una manna, un angolo di paradiso, per un narratore con le orecchie aperte e gli occhi che frugano pazientemente in giro.
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