Passa ai contenuti principali

Prove certe dell'esistenza dell'uomo

Il centesimo spettatore non entra perché i posti  sono novantanove, non si deroga. La cifra tonda è una banalità non contemplata: l'ultimo numero dispari a due cifre ha bellezza e mistero, come la mia vita, se ci penso, che s'era immusonita e adesso canta. Monte Castello di Vibio sta all'Umbria come una goccia d'oro a una fontana: chi la trova è fortunato. Perché sta così vicino che non la vedi, e questo è un peccato. E per trovarla tocca cercarla, non andare a caso. Io che andare a caso è la mia passione, stavolta mi son dovuto imporre disciplina; ho spento le smanie, messa poca benzina - così non mi lasciavo prendere dall'idea che un posto bello sia necessariamente un posto distante - e fatto 47 chilometri. Una domenica come ieri in cui tutte le cose pendenti - il granuloma, la tassa dell'immondizia, il commercialista - sono per un giorno prive di peso e il viaggio è fatto. 50 minuti a velocità di crociera: vado piano per far contente le mie ragazze. E una fame da lanzichenecco appena al borgo: è l'una passata. Cerchiamo un ristoro, c'è un posto dalle arcate di pietra alte, un camino acceso ma lontano dal tavolo: ci mettono accanto una stufa. Mangiamo poco ma bene, usciamo per il paese, stavolta sì come piace a me: random. Passiamo due volte davanti al monumento ai caduti e avverto: Questo lo abbiamo già visto ma non mi danno retta: le donne sono terribili, in combutta. Sostiamo in piazza: bar chiuso e tavolini aperti. Fumo la quindicesima sigarettina del mio anno solare, neanche tutta, lascio che metà se la fumi il vento che qui sferza con gentilezza: vi assicuro che è così, non saprei dirla meglio, se la cosa non suonasse strana. Operai appendono sopra il portale di una chiesa un festone natalizio; poi il bar apre. Decaffeinato, cappuccino, una sfogliata a Cerco & Trovo, pure se io quel che cercavo l'ho già trovato. 
Il teatro apre alle tre e mezza. Sono suoi i novantanove posti e non cento. Ha due secoli, è il più piccolo del mondo. È una delle prove dell'esistenza dell'uomo, questa cosa di legno e pietra; quelle sull'esistenza di dio, al prossimo millennio. L'uomo qui ci ha voluto mettere un'impronta per quando sarebbe morto; sono arrivati - un clan in realtà, i più raffinati delle famiglie nobili - è si son detti Vorremmo sopravvivere, non ci farebbe proprio schifo, e han costruito questo tempietto. Ora tutti si ricordano di loro e pare sia un sistema - la memoria - per restare vivi quando saremo spacciati, a patto che qualcuno ne abbia voglia. Di ricordarci, dico. E qualcuno ne ha voglia se abbiamo fatto qualcosa che resta. Per questo scrivo libri. Non per vanto ma per restare sulla libreria di chi non so oltre la mia morte; mentre in quella casa litigheranno, o guarderanno tirare un rigore, o faranno l'amore per terra, e sul tavolo, giocosamente matti di un istinto selvatico, io sarò là tra un uomo senza qualità e un Ulisse, due mattoni spessi per reggermi dritto senza appoggiarmi. E lo stesso han fatto qui a Monte Castello quei galantuomini. Che ora sono fuochi fatui, ma neanche, non fluttuano violetti - troppo tempo ha macinato - e lo sapevano e han tirato su questo mausoleo. Che è una cosa che dovete vedere perché se ve la racconto non ci credete per quanto è bella, dentro e fuori, come la donna giusta, quella della propria vita. Quindi non c'è bisogno che scriva di più.






Commenti

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Tre circostanze fortunate

Tu adesso chiudi gli occhi che io ti do un bacio. Chiudi gli occhi perché il bacio non devi vederlo arrivare, devi fare in modo che l'attesa sia una fitta dentro al petto, che la mia bocca s'aggrappi alla tua quando non ci contavi più, quando pensi che me ne sono andato e t'ho lasciata là, ingannata e cieca. Mentre aspetti il tempo ti sembrerà differente - il tempo dell'attesa di un bacio sfugge alla gabbia consueta - e se alla fine ti chiedessero di contarlo dovresti fare come i bambini, con le dita, e sarebbe lo stesso un inganno. Non è una questione di età, io ho la mia e tu la tua, non siamo alle prime armi. Ma anche la tenerezza - perché è di questo che stiamo parlando - muove con un tempo tutto strano, asincrono, ed è la stessa di quando avevamo vent'anni - tu più di recente - rinvigorita però dall'autostima, che alla giovinezza non si addice. Poi vorrei tenerti addosso, come in quella canzone di Paoli, stringerti alla mia camicia bianca e dirti che probab

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia