Il 2 agosto di 35 anni fa alla stazione di Bologna 85 persone dai 3 agli 86 anni saldarono insieme 85 destini in uno solo. Come rondini che per partire si fermano su un cavo dell'alta tensione prima della scarica mortale, inaspettata. Ne ho scritto già nel 2013, qui nel blog, ricordando cosa facevo quel giorno che avevo 13 anni. Numeri. Pensai subito: Guarda quanti numeri ci sono in uno scempio. Qualche vecchio all'epoca li avrà giocati a lotto, sicuro, e magari avrà anche vinto quanto basta per festeggiare con i figli e le paste del Caffé Italia. I disastri di alcuni sono la fortuna di altri. Tutti ricordano cosa facevano quel giorno, chi amavano, chi lasciavano, chi progettavano di amare e lasciare. Tutti tranne i colpevoli. Ne abbiamo alcuni, non tutti, non i mandanti. E gran parte di essi smemorati. Depistaggi: oggi sappiamo che ce ne furono; all'epoca, in diretta, era tutto vero mentre ce lo raccontavano. Avremmo poi scoperto, con gli anni e grazie alla testardaggine delle persone per bene, che era quasi tutto falso. La verità si conquista, non si acquisisce alla nascita. Per natura mentiamo, siamo ingannatori, traditori, accomodiamo la verità alla convenienza. Crescendo ci si dovrebbe disciplinare. C'è chi rimane bugiardo, fasullo, e copre, romanza la realtà, spergiura l'innocenza di Giuda. Io da ragazzo speravo in un mondo che si fermasse, si sospendesse, per cose così. Cose immani, senza contorni, impossibili a capirsi a parole. Cose indefinibili. Invece continuammo le vacanze, riprendemmo a parlare di calcio già a settembre, tornammo a ridere con gli amici. L'indignazione, il lutto, spettano solo a chi è colpito. L'umanità si lega nella gioia e slega nella disperazione. Per chi non c'era, per chi ha dimenticato, sarà utile il libro/dvd uscito oggi con Repubblica: La linea gialla, un'ora abbondante di fiction che ricostruisce la vita di una delle vittime se vittima non fosse stata. Angela Fresu, 3 anni nel 1980. Oggi ne avrebbe 38 e il viso e il corpo di Valentina Lodovini. Un'opera necessaria per ricordarsi di non dimenticare. E per tenere a mente che qualunque morte di estranei innocenti è un po' la nostra e qualunque ingiustizia fatta agli altri la fanno un po' anche a noi.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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