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Leggera

Del mare mi piace che mi manca, quando ne sono lontano. E mi mancano le stagioni che rievoca, e le scritture che - spavaldo - ha congiurato ai miei danni e alla mia fortuna. Non c'è nessun mare futuro che mi piaccia più di quelli passati, perché ogni volta io al mare ci torno, mica ci vado: è un viaggio all'indietro, un ringiovanire. Torno sui contrafforti del tempo, calpesto l'asfalto di via delle Ancore -  dove Gastone parcheggiava la Volkswagen - e sbircio di là dal cancello la facciata chiusa. È tutto morto, come sembra, eppure in me sussulta e grida, suona le canzoni dei vent'anni e accende le luci blu del luna park. Di questo lieto tormento amo l'arrivare e il ripartire, sistemare i panni leggeri negli armadi da poco, proporre un giro di perlustrazione sulla spiaggia - prima di cena e dopo aver fatto l'amore. Chiedere in reception il numero del nostro ombrellone e ogni volta, per tutta la settimana,  sbagliarsi, non ricordarlo, non ritrovarlo e passare oltre. Mi piace andare in bici a comprare il giornale, la mattina, e La Settimana Enigmistica, e Dylan Dog. Torno e ho speso venti euro, e tu teneramente mi dici che ho le mani bucate. Voglio vedere se il litorale è cambiato, dall'anno prima, se riesco a riconoscere le facce che c'erano, se le poltrone di vimini nel giardino dell'hotel sono le stesse dove mi sono seduto più giovane, un'estate or è: mi aiuta a uccidere l'idea che il tempo cammini instancabile. La sala ristorante, la doccia a togliersi la sabbia di dosso, sdraiarsi sfiniti sul letto, odorosi di crema solare. Hai visto, ti sei scottato, ma domani starai meglio: mettici su un poco di Nivea; Lascia stare, non brucia così tanto. Hai fatto caso? C'è una gelateria nuova, in piazzetta. Se ci facessimo un salto? Poi la sera: baciarsi in fondo alla spiaggia chiusa, come adolescenti, come Erri De Luca e la sua ragazza senza nome, in quel romanzo magnifico. E infine il ritorno a casa, la malinconia ribelle già il giorno prima, dimenticare volutamente un costume troppo grande in una cassapanca, per poter dire Io qui ci ho vissuto. Sono l'unico essere umano che gli accappatoi in albergo ce li lascia, anziché rubarli. E le fotografie all'ultimo momento, per portare via un pezzo di immortalità, perché al mare si vivrebbe per sempre, a poterci stare tutta la vita. Un palazzo in centro, la ztl, il mercatino di angurie, la bancarella chiusa cogli orecchini e i libri coperti dalle stuoie verdoline. Un pezzo di sole che s'inchina a salutare. E io - e noi - che riempiamo la macchina di t-shirt da stirare e rincasiamo.








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Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

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Alcune ragioni contrarie all'infelicità

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