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Visualizzazione dei post da dicembre, 2016

Leonard Cohen

Per davvero - mi sa -  c’è soltanto un albergo a Venezia. È l’albergo dove chi ho amato ritorna e mi aspetta, seduta nuda a gambe aperte, ed ha pochi volti, e a seconda delle stagioni le labbra che ho baciato, i seni che ho morso. Sta in un angolo scuro e guarda chi va lì a far l’amore e l’uomo che c’è non è mai l’uomo che vorrebbe. Perché io, che viaggio, quell’unico albergo non lo trovo più – ma cento altri. È sperso nella nebbia, affogato nel salmastro umore della città; esiste ma non è vero: gli assomiglia al più qualcun altro d’una parentela storta, inconsistente. Ho cominciato a cercarlo che ero ragazzo, e studiavo non ricordo più cosa, contro lo schermo dei pomeriggi d’ottobre, cinema che proiettava al cielo  un crepuscolo rosa di nubi gonfie, spettacolo che non voleva saperne di diventare notte. La bellezza, così, s’aggrappava al graticcio della terrazza come un predatore, e mi entrava in casa, e posavo il libro di Epigrafia – giuro che non mi ricordo: ho detto a caso – e inca

Schizofrenie

Lunedì passato decido di comprare un libro, e già questa è una decimazione: per lui ne ho scartati tanti che magari mi sarebbero piaciuti meglio – non di più: è un fatto qualitativo, non  di quantità -  e mai lo saprò, perché i libri esclusi non rientrano in gioco, e lasciano addosso il sospetto di uno spiraglio diverso, salvifico, da cui rinuncerò a guardare, per tutta la vita. Comprarli poi , dopo non averli comprati una volta precedente - che ne fummo tentati - vuol dire che sono una seconda scelta: loro lo capiscono e te la fanno pagare, ti si aprono noiosi, cascano sotto i comodini, tra la lanugine, si fanno le orecchie da soli, alla pagina sbagliata. Avessi l'estro di ammucchiar soldi,  li spenderei senza scontentare nessuno, così una mattina di queste mi piazzerei in Feltrinelli e li comprerei tutti. Non faccio per dire: tutti, sul serio. Oppure sogno di vincere un minuto di tempo in cui – con un carrello da supermercato, surfando tra gli scaffali – mi sia permesso di port

Caste oscenità

Non credo a niente tranne che alla tenerezza. Se uno si salva dalla perversione di bocche spalancate che giurano vero tutto quello che non è, è per via che ha cura di quel sentimento: una faccenda privata che dovremmo far diventare pubblica. Al posto dell'indecente politica, per esempio, che è il suo contrario: la bugia eletta a sistema. Non credo a niente di ciò che mi racconta la politica, da nessuna parte. Non ho altra speranza che quella di sopravviverle. La tenerezza, invece. La tenerezza è un impeto di sincerità, mi bagna all'improvviso come un'oscenità intrattenuta, mi fa sacro, credente. Mi afferra in macchina, talora, mentre guido e parlo a mia figlia di una cosa così bella che mi strazia, come una canzone, la scuola, il volo di febbraio per Londra, il giorno non così lontano in cui lei mi lascerà per vivere la sua vita, e non più la nostra. La tenerezza è la condivisione di un lampo: scocca dentro, da qualche parte tra le costole e come la polvere irrita gli occhi

Tutta letteratura

Io ho il sospetto che molti sospetti che abbiamo siano verità. Per esempio: che in certi ospedali ti uccidano. E che sia una pratica assai più diffusa della eccezionalità che ci raccontano. Nella mia famiglia acquisita - la prima - è successo una volta di sicuro, probabilmente due. Cento euro a un infermiere, una flebo di pietoso veleno e fine della sofferenza. Non di chi stava male: di chi si era stancato di accudire. Non ne ho le prove: ho solo tagliato i ponti con gli assassini, non voglio più nemmeno che mi telefonino, e quando sarà voglio morire a casa mia, nella stanza del camino, dove l'infinito passato e il liquido presente si sposano ogni volta che torno. Ho poi il sospetto che questo nome del cazzo che mi ritrovo - eco accorciata del cognome - mi fraintenda: è uno pseudonimo? mi chiedono; uno scherzo ben architettato? Non posso usarlo senza spiegare la perversione di chi - innocente - mi battezzò, e allo stesso modo è un vantaggio, è partire sempre uno a zero, perché s