Passa ai contenuti principali

Post

Visualizzazione dei post da agosto, 2016

Il fattore campo

Ho passato l'estate di due anni fa a fare avanti e indietro con Capranica; là c'è un centro dermatologico con i controcavoli e ci andavo a curarmi una mano: la dermatite atopica se l'era fatta amica. Così va il mondo. In realtà ogni viaggio era una scusa per scappare da via Patrizi, dalla fauna che l'abita specie d'estate, salire in macchina, accendere il climatizzatore, mettere il disco giusto - studiato sulla distanza di ottantadue chilometri; un'oretta, quindi - e dare gas, infischiandomene di tutto. Ci ripenso in questi giorni di post trasloco ancora caotici e di messa a dimora del futuro prossimo e mi sbalordisce la quantità delle cose che sono accadute, tra allora e adesso. Ho rivoltato la mia vita come mia nonna fece con un cappotto: lo dirottò su mio padre dopo che era stato di mio zio, e ho il sospetto che a quel tempo già fosse passato tra le crune gli aghi e le mani di sarte di vicolo almeno un paio di volte. Così è la mia vita, cui cambio la fod

Il migliore dei mo(n)di possibili

Gottfried Wilhelm von Leibniz Sono l'unico uomo che potevo diventare, probabilmente, e questo pensiero mi placa. Che ci fossero cento strade alternative - appena divergenti o affatto - è un'illusione, mi sa. Sono dove dovevo essere, qui e ora, perché le scelte fatte sono state millimetriche più di quanto ricordi, i rimpianti esistono solo come rievocazione del passato, e la memoria è sempre divaricata dalla realtà che la suscita. Oggi farei in un altro modo, approfitterei di certe occasioni. Ma allora no, e non ha senso giudicarsi col senno di poi. Così, non ha senso rammaricarsi: è andata nell'unico modo possibile. O quantomeno il migliore . Guardo i gatti, che non scrivono romanzi non perché incapaci: perché non gliene importa. Hanno raggiunto un'arguzia tale per cui sanno che la solitudine scontrosa è la più evoluta delle vite. E in solitudine non c'è bisogno di gettare funi agli altri. Invece noi, esseracci umani, alle prese con gelosie, detestazioni

Sciopero

C'è questa smania dell'annientamento, a volte, che mi stringe più del dovuto, e avvilisce le mattine sporche di biacca sopra il mio terrazzo, il dovere di aspettare allegro chi torna da un breve viaggio. Ma è la lontananza - più che il suo tempo - a chiudere lo stomaco. L'idea che la persona indispensabile è a 180 km e se mi occorre qui e adesso è impossibile. Un pensiero del genere è talmente stupido che uccide. Poserei l'occupazione di vivere per vedere che succede, in frangenti del genere. Sciopererei. Per protesta. Smetterei di curarmi dei figli, pagare le bollette, mangiare sano, rigar dritto, caricare il telefono, telefonare a mio padre, comprare i libri di Che tempo che fa , pagare il parchimetro. Smetterei di essere un bravo ragazzo per inaugurare l'era della teppa. Ganzo, potrei perfino scriverne sul serio, mica così. L'annientamento ha di buono che non avrei più a che fare coi film in cui ballano come dei forsennati e si confidano l'un l'altro