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Visualizzazione dei post da novembre, 2016

Donne e scrittori

Neil Gaiman È bello il freddo, fa nitide le cose, le precisa. Mi da modo di vederle più chiare, nette, e sorregge il mio ingrato dono di raccontarle. Lo scrittore è uno che ha sempre parole altre - più esatte - rispetto alla gente senza pretese. Che è quella generalmente felice, desta appena al presente, robotica, trionfale contro le smanie di precisazione, chiarificazione di ogni malnato artista. Io il freddo lo preferisco per quello: mi ricaccia dentro al mio destino, mi ricorda cosa sono, di cosa dispongo - un magro talento - e che devo usarlo a più non posso. Non crediate sia gratificante sentir dire da mia figlia che la prof di Scienze le ha chiesto se insegno italiano solo perché ho usato un congiuntivo. Spero che rimanga - le ho detto, allorché lei mi ha confessato di esser precaria, e da lì è nato tutto. Uno non può davvero girare in incognito, incafonirsi, derubricarsi dall'agenda degli svampiti distratti da sciocchezze colossali, come l'incanto che fan loro le p

Legittima difesa

Piovono giorni a centinaia, grossolanamente uguali e impercettibilmente diversi, e in ognuno trovo uno spiraglio di passato e una curiosità nuova - un romanzo da portare a casa e incamminare nel covo della lettura: l'angolo di sala che mi spetta, la mia poltrona traslocata e la lampada a stelo, che sono tutto il mondo che esiste dopo cena. Vivo così come un elastico, e il presente è sempre un rammento smarrito o un progettino a breve termine, cosa che mi procura il sospetto ansioso di chi non è fatto per l'adesso. Già so che questi anni in cui vado ad aspettare mia figlia al terminal bus diverranno attimi che mi spaccheranno il cuore quando sarà via: universitaria, o sposata, e unica titolare della sua vita. Scenderò lo stesso: da questo condominio imboschito alla piazza della festa, del mercato del venerdì; arriverà il pullman e lei non ci sarà: sarà a Londra, Nuova York, a pretendere da altre persone che non sarò io la constatazione rispettosa della sua esistenza. Ecco l

Hotel: divago

Comunque ierimattina la porta della radio - una porta interna che da nell'archivio dei vinili, colorata di blu - si è aperta due volte, e diligente ha fatto tutto il suo percorso d'arco sui cardini, come un manrovescio lento. La prima volta era socchiuso l'ingresso e ho creduto a una corrente d'aria. La seconda non c'erano spifferi: per me era il mio caro spettro. Mi ha benedetto col suo sorriso aperto, - o me lo sono immaginato -  ha certificato la mia nuova vita e dopo sono sceso  a comprare le crocchette per Struscio più rinfrancato - per strada una tipa in bici mi stava per mettere sotto, ha frenato, mi ha guardato e detto Vada vada, che se la investo poi non sento più la sua bella voce al mattino . Ogni tanto mi serve che tu mi sfantasmi attorno, è una rassicurazione. Come quando m'azzardo a ritirare l'emocromo e va tutto bene, i globuli bianchi non han dato di matto e mi allegro di avere diritto a un altro pezzo d'autunno. Struscio è contenta, n

Tristalgìa

Chissà se a dispetto del proverbio, con la sonno-lenza si pigliano almeno i pesci più sciocchi. Perché io di dormire avrei un gran bisogno, e per qualche tempo m'accontenterei. Tirerei su carpe svampite e lucci tardi, e la loro distrazione mi darebbe di che sfamarmi. Scriverei in tal caso più epidermico -  cosa di gran moda, mi dicono - e scalerei le classifiche come uno sherpa il cappadue . E sì che un tempo mi addormentavo anche sugli strapuntini, stilita improvvisato che non ero altro. Frequentavo il sonno come un buon amico; mi raggiungeva e stavamo insieme, specie al tempo dell'università, dei pomeriggi piegato sul tavolo della cucina - il mio fortilizio -  a studiare Delogu e i suoi longobardi: Alboino, Rosmunda, e poi la gran dormita. Era l'epoca delle non velleità , in cui vivere mi bastava e non cercavo scorciatoie per essere infelice: scorribande d'arte, scritture pretenziose, fama. Dovrebbe incoraggiare a far niente, la cultura occidentale; all'invisib