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L'adultescente

La mia bella età - bella in senso estetico, non perché carica di anni, che non sono così troppi - mi spinge di tanto in tanto a occupare le stanze della mattina di domenica come un tempo occupavamo il classico: allora con l'acerba fierezza dei Guevara acneici, oggi per la porzione di malinconica memoria che sarebbe un crimine non assecondare. E ciò facendo mi capacito di come sia facile liberarsi delle abitudini incallite, con un minimo atto di volontà cioé, io che credevo me le sarei portate fino all'estrema unzione, certune. Piccoli sistemi di vita - la partita in tv, per dire - che mi spezzavano il piacere di altre cose, assai più piene e mie, cui finalmente mi dedico integro e straconvinto. Guardo la settimana che entra, segnata di tappe bellissime come ics sotto cui scavare sulla mappa di un tesoro disseminato, e so che se nessun diavolo ci mette l'uccello avrò di che star bene e accorgermi felice per un gran tempo ancora. Ho ripreso il mare con Gordon Pym e la sua fame cannibalesca, dopo averlo letto ed esserne stato scosso che ero innocente: mi è servito per parlare degli innesti nella narrativa di genere, gli incubi dell'autore ibridati nel romanzo d'avventura. Vengono fuori cose croccanti, a parlarne dentro il guscio d'oro che è diventato il laboratorio di scrittura, che incominciammo quasi per scherzo ed è diventata una salubre dipendenza. Poco fa, prima di mettermi a pensare al centottantunesimo post di questo diario di adultescente - madonnina, quanto mi ci sono salvato la vita - ho fatto una cosa che rimandavo dal 2006, giusto per dire che le cose le faccio ma datemi tempo.
Ho recuperato dal ripiano della cucina un manifesto rettangolare di Vittorio Giardino affollato di amici immaginari che s'intruppano a Lucca - io che di amici immaginari ne ho sempre avuti una caterva, mica uno solo come gli psicopatici - e l'ho incorniciato con due stecchette di plastica, e da tutto arrotolato che era s'è spianato che sembra un cinemascope. Ora lo piazzo sulla parete del letto e vediamo se ci sta bene. Insomma: sognando vivo, mentre prima vivendo sognavo. La differenza è che adesso tutto quello che ho in mente si manifesta, lo tocco, è materia. Prima campavo di speranza. Me ne sono accorto, ho smesso. Chiamatemi avveduto.

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