Che è una gran fatica e un gran divertimento, un lavoro, un impegno della madosca e uno sballo. Che è uno scazzo di attese, piedi freddi, pastasciutte sciape, leggendarie copule in alberghetti al mare che gli amanti se le sognano, corteggiamenti in pizzeria, che film vuoi vedere? e poi si addormenta sui titoli. Che è predicare male e razzolare bene, che è toccarla con una scusa qualunque tanto perché non puoi farne a meno, baciarla, morire se non ti bacia da dieci minuti. Che è bisticcio, frecciatine, tenere il broncio, voler l'ultima parola, poi morire un'altra volta se non ti sorride. Che è due ore per andare a Viterbo perché guida lei e se la fa tutta in terza e non farglielo notare, e metterci 38 minuti al ritorno quando guidi te, ma lei te lo fa notare. Che è non guardare nessun'altra perché nessun'altra è un paragone, ha il suo profumo, i suoi occhi quando ti vuole e fa quegli occhi lì che tu solo sai e ci scriveresti un altro romanzo, e nessun'altra ha il suo sedere, e di romanzi là attorno ne scriveresti almeno tre o quattro. Che è battagliera e tenace, - dico lei, adesso - dolce senza essere zuccherosa, che sa l'ironia e ride e quando ride si spalanca l'universo e san pietro con le sue chiavi tintinnanti e tutti i troni e le dominazioni s'affacciano a guardare. Che è spaventosamente pieno di minuti - dico di nuovo lui, quello del titolo - che sembrano secoli e anni che sembrano attimi, che gli sei grato, che è spolverato di gelosia ma appena un velo perché ci vuole ma troppa sa di cartina, come un ciambellone venuto male. Che è eterno ed è un giorno, lo stesso, che si ripete ognora, senza pause di felicità. Che è felicità, stato di grazia che anche quando va in pausa e mi contraddice non molla mai, come un film che spingi stand-by e lo metti in attesa: più tardi ricomincia. E non c'è frangente più bello, in questa vita che precipita.
Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra
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