Passa ai contenuti principali

La colta dei marabulini

Per primo occorre una canestra, dev'essere femmina, non si transige. Il canestro maschio non si sposa col marabulino, maschio anch'esso e orgogliosamente virile, che stacco a piene mani dai rami e raccolgo con la devozione del gesto antico. Antico nel senso che me lo ricordo da quand'ero ragazzino, non che ha secoli di vita, anche se ce li ha ma io non c'ero, per cui ogni concetto di vecchiezza ha valore solo se rapportato a noi. La colta - o coglitura, secondo un'altra scuola di pensiero contadina - ha un che di erotico: è un amplesso che si consuma all'aperto. La canestra si lascia fecondare dal marabulino e sgrava marmellate. Okay, c'è l'intermediazione - e la fatica bestia - umane ma è un dettaglio. La natura farebbe pure da sola, basta darle tempo qualche milione d'anni ancora. Mi sono arrampicato con la scala su per la pianta - nome rurale generico che sottintende senso di appartenenza e il rispetto sbrigativo di chi non può perder tempo ad abbellire le cose di epiteti perché ha l'urgenza della fame, e al massimo dà nome ai frutti perché entrano in casa e ci vuole familiarità - e non mi sono neanche sdirupato. Io che scrivo e leggo e sogno e viaggio e amo e m'accoro di passioni che hanno poca praticità, per una volta ho fatto un gesto d'orti e terra. E non è venuto neanche male. Ci ho messo del mio, come in ogni cosa che combino. E ho ricordato i nomi e le espressioni di voce e di faccia di chi al tempo dei miei quindicianni faceva l'impresa di spogliare lo stesso albero e io stavo sotto a guardare, o raccoglievo i frutti a terra. Ogni atto di oggi mi scatena nostalgia: poi ditemi se non sono scemo. E comunque per tre giorni - tra venerdì e domenica scorsi - sono stato in paradiso. Allo Speco di Narni - in pausa tra una canestra e l'altra - ho preso il Tau. Francesco era un tipo formidabile. Metteva paura alla chiesa perché scherzava su tutto e il papa su niente. Puoi scendere a patti con uno così? E ho scoperto che a Otricoli - una sera, accantonata la terza canestra lontano dai becchi dei passeri - sotto i portici fanno una pizza altina, sciapetta e sveltamente digeribile. La cameriera è troppo magra e un tantino acidula ma chissenefrega. C'era il vino, per le strade, la festa. Non ho bevuto, ma ero tentato. Perché il girone d'andata della mia vita è in archivio, con oscene felicità e abissi di niente. E il ritorno è cominciato alla grande: dieci vittorie consecutive. E perché se devo arrampicarmi ancora sulle piante, da sobrio non corro il rischio di cascare giù.

Commenti

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Tre circostanze fortunate

Tu adesso chiudi gli occhi che io ti do un bacio. Chiudi gli occhi perché il bacio non devi vederlo arrivare, devi fare in modo che l'attesa sia una fitta dentro al petto, che la mia bocca s'aggrappi alla tua quando non ci contavi più, quando pensi che me ne sono andato e t'ho lasciata là, ingannata e cieca. Mentre aspetti il tempo ti sembrerà differente - il tempo dell'attesa di un bacio sfugge alla gabbia consueta - e se alla fine ti chiedessero di contarlo dovresti fare come i bambini, con le dita, e sarebbe lo stesso un inganno. Non è una questione di età, io ho la mia e tu la tua, non siamo alle prime armi. Ma anche la tenerezza - perché è di questo che stiamo parlando - muove con un tempo tutto strano, asincrono, ed è la stessa di quando avevamo vent'anni - tu più di recente - rinvigorita però dall'autostima, che alla giovinezza non si addice. Poi vorrei tenerti addosso, come in quella canzone di Paoli, stringerti alla mia camicia bianca e dirti che probab

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia