Passa ai contenuti principali

A nessun essere umano mai

La domenica mattina non è un posto del mondo, abita altri spazi, racconta un universo differente, somiglia al nostro ma proietta una luce più chiara: le colline mentre le scendi e torni a casa sono più nitide, i loro contorni grossi, come ricalcati a matita. Io combatto la vita feriale, che già a metà domenica mi s'affaccia molesta all'anima, con la mia vita festiva accanto, lì sul sedile del passeggero, che mi abbraccia e mi tiene la mano, e cambio con la sinistra. Così lavoriamo per fare della convivenza la regola quotidiana e non solo un'occasione su sette se il resto è una gioia morsa a ore anguste. Siamo concentrati sull'obiettivo, strafatti di canzoni scritte solo a sentir parlare di noi e tristi come eravamo allegri il sabato che siam partiti, venti ore fa. Sarà la malinconia a colorare la domenica presto di una mano di luce aliena - ieri poi che rinsellava l'ora solare tutto aveva un aspetto accecante e insonne, come le nostre due facce che avevano dormito a strappi. Ci ho messo tanto - più del dovuto - a scendere dai seicento metri del paradiso - quella è la sua quota, non cercate più su -  al livello del mare di una città che non ce l'ha, stremata da inganni in un incurabile crepuscolo. Più guido più la meraviglia vuole andar via, come un ospite timido che non ama approfittarsene. Al suo posto, già sulla porta, l'invadente tristezza che governa il distacco e il tedio dei doveri non voluti, da assolvere in qualche modo. All'ultimo semaforo prego che il rosso non finisca mai, che rimaniamo tutti lì incastrati in fila, noi e i milioni di altri che si accoderebbero nell'infinito frattempo a vivere per sempre un campeggio sull'asfalto. Invecchieremmo con gusto, dentro la mia Chevrolet, purché il mondo smetta di importunarci coi suoi appuntamenti ridicoli. Sopra di noi, a scandire le ore e i giorni e gli anni e le epoche, il semaforo scarlatto, fisso nella sua complicità sulla bellezza della mia vita di nuovo mia, dopo che evidentemente l'ho ceduta a un altro Francesco che ne ha fatto, suo malgrado, per anni scempio. Nessuno dovrebbe portar via niente da questa scena, spostare niente, soprattutto dio, impresario di Vaudeville. Che s'appassioni d'altro, si faccia un miliardo di secoli di ferie, vada al mare, dove anche uno scoraggiafemmine come lui magari rimedia la ragazza giusta per una sveltina. Io per i prossimi cinquant'anni sto qua con te, sotto il semaforo rotto, a seminare l'avvenire di buone intenzioni e a dirti che t'amo come non pensavo mai di poter confessare più a nessun essere umano mai.

Commenti

Post popolari in questo blog

Avvento

Il primo Natale dopo la grande tenebra è una stagione vicina eppure antica: undici anni or sono. Là dentro decisi che non me ne importava più delle mie canzoni, dei libri che mi avevano spaccato a metà, e che mi sarei abbrutito, se ne fossi stato capace. Gli altri, intorno, continuavano a fare le cose con noncuranza, come se Alessandra fosse uscita a comprare candele e centrotavola e tutti sapevano che sarebbe arrivata in tempo per il cenone. Scartai il regalo che mi fece qualcuno che non ricordo e dentro c'era un libro di viaggi nello spazio: un suggerimento, avrei dovuto cercare mia moglie dappertutto, nell'universo, tranne che su questo pianeta. Poi venne il primo gennaio, poi il mio compleanno, poi marzo - che ho sempre amato, per via della sua schizofrenia - e poi aprile, mese che ci trasformava per due giorni in amanti affamati, al mare, ed era quando non avevamo altri legami al mondo che il nostro. Ci andai lo stesso, al mare, con mia figlia, e commisi l'errore di ra

Tre circostanze fortunate

Tu adesso chiudi gli occhi che io ti do un bacio. Chiudi gli occhi perché il bacio non devi vederlo arrivare, devi fare in modo che l'attesa sia una fitta dentro al petto, che la mia bocca s'aggrappi alla tua quando non ci contavi più, quando pensi che me ne sono andato e t'ho lasciata là, ingannata e cieca. Mentre aspetti il tempo ti sembrerà differente - il tempo dell'attesa di un bacio sfugge alla gabbia consueta - e se alla fine ti chiedessero di contarlo dovresti fare come i bambini, con le dita, e sarebbe lo stesso un inganno. Non è una questione di età, io ho la mia e tu la tua, non siamo alle prime armi. Ma anche la tenerezza - perché è di questo che stiamo parlando - muove con un tempo tutto strano, asincrono, ed è la stessa di quando avevamo vent'anni - tu più di recente - rinvigorita però dall'autostima, che alla giovinezza non si addice. Poi vorrei tenerti addosso, come in quella canzone di Paoli, stringerti alla mia camicia bianca e dirti che probab

Alcune ragioni contrarie all'infelicità

Perché sei infelice? Perché non riesci a starci dentro, alla felicità, per più di dieci minuti? Io credo che dovresti ragionare su queste domande, così intime e così terribili. Se vuoi ti do una mano, molti dicono che ci somigliamo, sarà più facile per me che per un altro suggerirti una via d'uscita. Sei infelice nonostante tu faccia tutti i giorni quello che ti piace. Pensa se non fosse successo, che avessi quei piccoli talenti che alcuni ti riconoscono: parlare in radio con disinvoltura, scrivere con leggiadria, tenere avvinti venticinque ragazzi con un poeta che per la prima volta non sembra loro inutile. Pensa se non avessi quei piccoli talenti ma fossi divorato dal desiderio di averli, e ogni tua invenzione passasse inosservata, o peggio fosse evitata come la peste. Questa attenzione che ti dedicano, non è già motivo di felicità? Le parole - lusinghiere -  che ti regalano a corredo delle tue, non sono una buona ragione per essere felici? E quando hai viaggiato per l'Italia