Sono un collezionista di roba bella. Per esempio, compro qualunque cosa disegni e pubblichi Ivo Milazzo. Lui disegna, il disegno diventa libro, io compro. Stavolta è toccato a Un drago a forma di nuvola, l'ultimo film di Ettore Scola. Un attimo: un film? Sì, perché Scola ha 83 anni e dice che non ha più voglia di sciropparsi le fatiche del set. Così ha scritto una sceneggiatura insieme alla figlia Silvia e a Furio Scarpelli e l'ha messa in un cantone. Poi gli hanno presentato Milazzo e la sceneggiatura è diventata fumetto, voilà. Ora l'ho fatta breve, ma metteteci in mezzo dei mesi - magari qualche anno - di incontri, limature, proposte, controposte, studio grafico dei personaggi, e il gioco è fatto. Graphic novel, si dice oggi, ma non è esattamente un romanzo disegnato: è un film che non è passato nelle sale, una pellicola dove gli attori non si muovono ma devi farli muovere tu, con la fantasia, e devi immaginare le voci - sempre con la fantasia - e gli odori delle cose, anche quelle sgradevoli, come il suonatore di fisarmonica che piscia in un angolo. Pensa che fico: gli odori non si sentono neanche al cinema. Non ancora, almeno.
Tutt'intorno alla storia, e dentro, nelle parole e negli scorci, nella malinconia acquarellata delle foglie secche che crocchiano al voltar di pagina, c'è Parigi, teatro e primattrice, forma e sostanza. Le facce: quelle di attori che mai potrebbero recitare tutti assieme. Depardieu, Audrey Tautou e la Kinski magari sì, ma il povero Massimo Troisi, dannazione, no di certo. Eppure c'è anche lui, e rivederlo ancora una volta allargare il suo sorriso mesto, seppur in vignetta, emoziona. D'altro canto, una vicenda che s'avviluppa attorno a una libreria antiquaria, che da essa parte e ad essa torna, mi conquista facile: è la bottega che vorrei aprire io se vivessi in un altro posto, forse anche in un altro tempo. E c'è un padre che ha le fattezze di Depardieu, sì, ma in certe espressioni anche di un Ken Parker imbolsito - quindi di un Robert Redford che a tavola ci avesse dato dentro. E questo padre accudisce la figlia paraplegica, e ha perso sua moglie. E un giorno nel negoziuccio - dove l'incauto amico con la faccia di Troisi quando lo sostituisce per due ore svende la prima edizione di Madame Bovary a diciotto euro e cinquanta scambiando la data di pubblicazione (1850) per il prezzo - capita una ragazza senza arte né parte, tenera, stupida, e lui, il cinquantenne ciccione - cautamente, provando a resisterle - se ne innamora. Sarà costretto a scegliere tra due forme di amore. Se volete saperne di più, leggetelo: merita. Aggiungo che ci sono tenerezze sparse, ma pure ruvidezze, sguardi che violano intimità glaciali, silenzi, pisolini sotto gli alberi, nebbie, baci, barche sul lago, cagnolini perduti e ritrovati, autunni e primavere, scazzottate, trattorie alla buona, inganni a fin di bene. Perché Milazzo sa ritrarre tutto, tutto quello che ci fa vivere e che ci fa morire. E perché io sono un collezionista di roba bella. Ma questo l'ho già detto e allora è tempo di chiudere.
Tutt'intorno alla storia, e dentro, nelle parole e negli scorci, nella malinconia acquarellata delle foglie secche che crocchiano al voltar di pagina, c'è Parigi, teatro e primattrice, forma e sostanza. Le facce: quelle di attori che mai potrebbero recitare tutti assieme. Depardieu, Audrey Tautou e la Kinski magari sì, ma il povero Massimo Troisi, dannazione, no di certo. Eppure c'è anche lui, e rivederlo ancora una volta allargare il suo sorriso mesto, seppur in vignetta, emoziona. D'altro canto, una vicenda che s'avviluppa attorno a una libreria antiquaria, che da essa parte e ad essa torna, mi conquista facile: è la bottega che vorrei aprire io se vivessi in un altro posto, forse anche in un altro tempo. E c'è un padre che ha le fattezze di Depardieu, sì, ma in certe espressioni anche di un Ken Parker imbolsito - quindi di un Robert Redford che a tavola ci avesse dato dentro. E questo padre accudisce la figlia paraplegica, e ha perso sua moglie. E un giorno nel negoziuccio - dove l'incauto amico con la faccia di Troisi quando lo sostituisce per due ore svende la prima edizione di Madame Bovary a diciotto euro e cinquanta scambiando la data di pubblicazione (1850) per il prezzo - capita una ragazza senza arte né parte, tenera, stupida, e lui, il cinquantenne ciccione - cautamente, provando a resisterle - se ne innamora. Sarà costretto a scegliere tra due forme di amore. Se volete saperne di più, leggetelo: merita. Aggiungo che ci sono tenerezze sparse, ma pure ruvidezze, sguardi che violano intimità glaciali, silenzi, pisolini sotto gli alberi, nebbie, baci, barche sul lago, cagnolini perduti e ritrovati, autunni e primavere, scazzottate, trattorie alla buona, inganni a fin di bene. Perché Milazzo sa ritrarre tutto, tutto quello che ci fa vivere e che ci fa morire. E perché io sono un collezionista di roba bella. Ma questo l'ho già detto e allora è tempo di chiudere.
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