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Visualizzazione dei post da marzo, 2014

Il bambino che scoprì la morte

Il primo veleno della fanciullezza è quando scopri che le persone si rompono, e muoiono. Fino a quel giorno ne avevi il sospetto ma pensavi che fosse una specie di controindicazione degli adulti, per la quale c'era comunque un rimedio, da qualche parte. Quando poi un tuo zio che vedevi sempre taciturno e ombroso alle riunioni di feste comandate, che spizzicava le pietanze e ti incuteva un po' di timore, sparisce sul serio e per sempre dalla banda dei parenti, realizzi che la morte non è una leggenda. E che toccherà anche a te. Il pensiero successivo per fortuna è Ma chissà quando , e lo metti via, quello spavento, dentro un baule dell'anima, come un fumetto logoro in cantina. Sai che è lì, però. Non lo consideri più, la gran parte del tempo non ci pensi ma incombe su di te e ti agguanta quando hai la febbre alta e deliri, o nel torpore nauseato dopo un'indigestione, o nelle ombre di una stanza poco illuminata. La notte di Natale del 1977 Charlie Chaplin morì nel sonno.

Se chiudo gli occhi il mondo non esiste

I cinesi non esistono. E nemmeno gli africani, e i tedeschi, gli americani; e neanche i toscani, i liguri. E i parenti, gli amici: nessuno di loro.O meglio: esistono a tratti. Esistono solo le persone che vedo nel momento in cui le vedo. E appena chiudo gli occhi scompaiono, o si trasformano in mostri codati, bislunghi. Voi ci scherzate ma io ci sono stato male qualche anno, prigioniero di queste schizofrenie. Adesso non ricordo precisamente quando son cominciate. Tra le elementari e le medie, direi. All'inizio come un soprappensiero, una nube sottile a far cadere una chiazza d'ombra sulla mia vita di ragazzino. Poi pian piano han preso dimora dentro di me. Ci stavano bene, mangiavano a sbafo pezzi d'anima,  dormivano qualche giorno e quando si svegliavano erano di nuovo affamate come lupi. Lo confessai a mia madre: "Te non esisti", lei non capiva e io non sapevo come farle capire che temevo di essere dentro una pantomima, un'immane recita di cui mi sfuggiva

La bellezza del crepuscolo

Chi lo sa se a un certo punto si può esser sazi di ricordi. Farne scorpacciata e provarne nausea, alla fine. Quello sarebbe il passaggio del testimone: smettere di vivere nel passato e prendere a farlo nel presente. E chi lo sa se c'è un quantitativo oltre il quale i ricordi vengono davvero a noia: una tonnellata di tonnellate, per dire. E chi lo sa infine se è un reato spacciare ricordi per iscritto come faccio io. Nemmeno posso difendermi con l'alibi dell'uso personale: queste pagine hanno già superato le quindicimila visualizzazioni. Non che mi dispiaccia, anzi; ma un po' mi spaventa. E responsabilizza: devo scrivere meglio e con meno fronzoli. E allora cominciamo. I primi giorni di marzo mi mettono addosso una leggera smania, come un principio di sbornia. La primavera è in fondo alla strada e tu appena all'inizio, con gli improperi dell'inverno ancora tra capo e collo. Ma l'aria sta cambiando e le ultime gelate, i ruggiti del cielo, le nuvole di piomb